Franco Bernabè: la strategia

«Le
compagnie di telecomunicazioni devono essere completamente ripensate in
termini di strategia e struttura organizzativa». Le parole sono
importanti. E l’amministratore delegato di Telecom Italia sa di doverle
pesare molto bene: si ascoltano per comprenderne le conseguenze, si
interpretano per scommettere sulla prospettiva che promettono, si
valutano per prepararsi al momento della verifica. Quindi, dicendo che
«le telco vanno completamente ripensate», Franco Bernabè annuncia
una svolta profonda. Ispirata da una consapevolezza: «Sì, siamo in un
ecosistema. È scontato che la nostra crescita dipenda dalla domanda. Ma
è altrettanto vero che lo sviluppo e l’innovatività delle persone e
delle aziende dalle quali emerge la domanda dipendono a loro volta,
anche, dalla
nostra efficienza». Tutto si tiene.

E
le responsabilità della Telecom nell’ecosistema dell’innovazione
italiano sono enormi. Le conseguenze delle scelte di chi guida la Telecom
Italia sono economiche e sociali, tecnologiche e culturali: possono frenare o accelerare la modernizzazione.
Bernabè
– lo diceva conversando con alcuni
blogger riuniti a Rovereto qualche settimana fa – sa che la motivazione
più grande, per il suo lavoro e per quello dei suoi collaboratori, è
nell’assumersi fino in fondo quelle responsabilità. Cambiando
radicalmente passo. «Basta yes man», dice. «Attraversiamo una
rivoluzione»,
osserva. «Non possiamo più limitarci a coltivare il nostro giardino, ma
dobbiamo
abilitare i migliori giardinieri perché sviluppino le loro aiuole». E
poi, en passant, pensando a una delle mille polemiche che girano nel
settore, quella sulla net neutrality: «Non faremo i poliziotti della
rete».

Già. Non per niente, Bernabè, 60 anni appena compiuti, si definisce un
«mozilliano»: la sua predilezione per il browser open source è segno di
una predisposizione culturale. Arricchita da qualche tratto se non da
nerd, almeno da ammiratore della bella tecnologia. Ricorda con un
sorriso il giorno in cui si costruì la sua radio a galena con i
componenti trovati in un giornale. Ricorda con espressione umilmente
complice i programmi che scriveva in Basic. E ricorda con orgoglio i
primi anni di attività professionale durante i quali ha avuto
l’opportunità di studiare scenaristica utilizzando i modelli di
simulazione sviluppati da Jay Forrester, resi famosi dagli studi sui Limiti dello sviluppo di Donella Meadows al Mit.
Se
n’è evidentemente ricordato per tutta la sua carriera: l’Eni, la
Telecom Italia, la fondazione di diverse imprese, la Rothschild, la
Petrochina. Regalandosi anche un po’ di tempo per la ricerca artistica,
dalla Biennale al Mart.

Tornato il 3 dicembre dell’anno
scorso alla guida di Telecom Italia, Bernabè ha dedicato i primi mesi
ai temi ineludibili del breve termine. Ma ora può e deve articolare la sua
strategia. E ha cominciato a raccontarla a Nòva. Un primo incontro, una
settimana fa, per un vero e proprio dialogo. Poi uno scambio di mail. E
infine un’intervista venerdì scorso, preceduta – nello stupore dei suoi
diretti collaboratori – da una nottata passata a scrivere il testo,
molto articolato, che riporto come l’ho ricevuto qui, a corredo del necessariamente breve resoconto pubblicato oggi su Nòva24.


Appunti di Franco Bernabè
 

   


  1.
Qual è il ruolo delle telecomunicazioni nell’ecosistema
dell’innovazione? Qual è il ruolo della Telecom Italia nell’ecosistema
dell’innovazione italiano? Ma soprattutto: qual è la sua prospettiva
sul modo in cui evolverà il contributo della Telecom Italia in questo
contesto? E’ vero che la Telecom Italia cresce e migliora se e solo se
cresce e migliora l’insieme dell’ecosistema (e viceversa)?

  1.
a) una premessa. In questi ultimi anni è cambiato il modo di fare
innovazione e di portarla sul mercato. Mentre l’innovazione
precedentemente era di tipo top down, una nuova tecnologia abilitava
nuovi servizi/prodotti e chi possedeva quella tecnologia era anche chi
innovava sul mercato man mano si è visto che l’innovazione tende a
provenire dal basso cioè bottom up. Questo è la conseguenza di una
grande diffusione della conoscenza, grazie ai progressi nel sistema
delle comunicazioni ed alla velocità con cui una innovazione piccola
può essere recepita da enormi audience. Ovviamente rimangono
innovazioni le cui complessità (e costi) sono tali da essere possibili
solo a grandi aziende, si pensi alla innovazione nei microprocessori
che richiede investimenti di 1-2 miliardi di $ per essere tradotta in
una linea di produzione che riesca a farli. Ma anche qui vediamo un
cambiamento significativo. Poprio la necessità di abbattere il costo
del singolo “pezzo” impone volumi enormi. Da un lato restringe
l’innovazione su questi ambiti a pochissimi “grandi” ma dall’altro
questi devono renderla immediatamente disponibili a migliaia di aziende
che riescano tramite le loro innovazioni a rendere appetibile al
mercato quella produzione.

  b)
Nelle telecomunicazioni il discorso è molto simile. Noi abbiamo da un
lato enormi costi di infrastruttura che inevitabilmente solo pochissimi
possono affrontare a fronte di un volume di utilizzo che deve essere
altrettanto grande. Ora, il modo più efficace per creare questo volume
di uso è quello di aprire a migliaia di aziende che utilizzando
l’infrastruttura possano portare la loro innovazione al mercato.

  Se
quindi nel passato il focus di una azienda di telecomunicazioni era
quello di “mettere i fili” nel tempo il focus è diventato quello di
sfruttare meglio questi fili. La commutazione di pacchetto ne è un
esempio e così pure l’ADSL che a partire dai fili in rame esistenti
permette di fornire maggiore capacità al cliente finale. Ora questo ha
stimolato il raggiungimento di un valore che è creato al di fuori della
rete e quindi il focus si sta spostando su fornire a questa periferia
della rete, ai clienti e alle aziende, strumenti che consentano loro in
modo più efficace di sfruttare una connettività che esiste. In questo
senso il piano NGN2 rappresenta una chiara evoluzione proprio su questa
direzione. Ad un investimento massiccio di tipo infrastrutturale a
livello fisico che prevede la progressiva sostituzione del rame con la
fibra, andando quindi ad accelerare questo incremento di capacità di
connessione, si affinaca un investimento molto grande, per
l’inserimento in rete di piattaforme su cui i bordi della rete possano
sviluppare, fornire, gestire servizi. Si noti come il concetto che noi
perseguiamo sia proprio quello dell’ecosistema. Non stiamo parlando di
un hosting di applicazioni in cui una impresa venga a utilizzare nostre
risorse elaborative per far “funzionare” una certa applicazione, bensì
un vero e proprio motore di interconnessione tra applicazioni. Ci tengo
a rimarcare che continuo a parlare di connettività. Telecom Italia, in
questo rispetto, non cambia mestiere, non passa da fare l’azienda che
fornisce connettività ad azienda che fa altro, ad esempio multimedia.
Continua a fare quello che fa bene, e cioè ad assicurare connettività
ma spostando l’attenzione alla connettività tra applicazioni.

  Un
esempio. Oggi un singolo gioco per computer ha una complessità enorme e
non sarebbe pensabile per ogni nuovo gioco di partire da zero. I giochi
che vediamo sono costruiti proprio in un contesto di ecosistema in cui
non solo si ereditano componenti da varie parti (e la connettività
fisica è anche una di queste componenti) ma si vanno a prendere
contenuti prodotti ad esempio dalle Major per i film che, proprio in
quanto esiste un mercato dei video giochi, costruiscono i film (alcuni
e sempre più) con tecnologie e processi che ne consentono l’uso in
altri settori.

  c)proprio
questa nuova forma di realizzare innovazione che incrocia abilitatori
che rimangono top down, con innovazioni testate e decise dal mercato ha
reso l’innovazione un qualcosa di estremamente distribuito. Ha portato
la Silicon Valley a livello planetario.

  d)
E’ scontato che l’evoluzione del contesto complessivo, la crescita
della domanda, porti ad una crescita di Telecom ma è altrettanto vero
che nella misura in cui Telecom può migliorare l’efficienza
dell’ecosistema tanto più questo si sviluppa. Non più quindi solo
servizi pensati per il cliente finale ma servizi e strumenti per chi
potrà creare innovazione e servizi. In questo senso noi stiamo
investendo, ad esempio nel nostro centro di ricerca di Torino, TILab,
sulla service exposure, cioè un insieme di strumenti che facilitano lo
sviluppo di innovazione da parte di terzi.
 
  2. Per
comprendere meglio, descriviamo l’approccio culturale di chi guida la
Telecom Italia. Nel corso della riunione con i blogger, a Rovereto, ha
detto più volte che il tempo della ripulitura dell’azienda sta passando
e che è arrivato il tempo della costruzione di un progetto di azienda
profondamente rinnovato. L’idea che a capo della Telecom Italia ci sia
una persona che si definisce "mozilliano" significa molto per chiunque
abbia seguito le vicende delle telecomunicazioni italiane. Significa
che l’azienda non è più concentrata sulla difesa dell’esistente o sui
risultati di immagine, significa che è entrata sul serio nell’era di
internet e persino che si è aperta profondamente alla wikinomics,
all’open source, alla collaborazione tra innovatori all’interno e
all’esterno dell’azienda. Possiamo elaborare intorno a questa
descrizione per spiegare meglio di qualche modernizzazione culturale
c’è bisogno per rinnovare l’azienda?

 

  2.
E’ chiaro che l’evoluzione complessiva apre dei mercati. Attenzione,
non è vero, e i nostri conti lo dimostrano, che non si faccia più soldi
dalla connettività fisica, voce, dati… Quello che è vero è che
riusciremo a far ulteriore redditività aumentando l’efficienza del
sistema, ecosistema complessivo. Ora questa è una vera e propria
rivoluzione e una sfida enorme proprio sotto il profilo culturale
dell’azienda. Siamo stati abituati dalla nostra nascita a creare un
giardino e a curarlo al meglio facendoci passeggiare sopra i nostri
clienti. La filosofia è quella del brevetto che deve darmi l’unicità,
che deve difendere la mia innovazione. Ma se l’innovazione è
distribuita e io attiro nel giardino non solo chi passeggia ma altre
aziende che si mettono a piantare nuove aiuole cambia l’ottica. Questo
lo si ritrova anche nelle aziende, Telecom Italia inclusa. La logica
non è più quella di parrocchie ciascuna focalizzata a raggiungere
l’ottimo locale ma un vero lavoro di squadra, interno ed esterno, che
ha l’obiettivo di aumentare il valore complessivo. Gli strumenti di
cooperative working, da soli, restano lettera morta se non cambia la
cultura di operare. Abbiamo aperto all’interno dell’azienda dei blog
per interrogarci tutti insieme su cosa possa essere TI nel 2015.
Riceviamo critiche, suggerimenti ma soprattutto creiamo una cultura di
partecipazione, di autonomia di pensiero messa al servizio della
squadra. Non più yes man, molto efficaci quando conta solo l’efficienza
per essere competitivi sui costi ma persone che si mettono in gioco.


  3.
Bisogna chiarire che non stiamo parlando tanto di promesse, programmi o
prodotti. Ma certamente ci sono alcuni progetti che meglio di altri
esemplificano il percorso che immagina. Quali sono i cinque risultati
reali – esempi, se vuole di prodotti, servizi, concetti, o se vuole di
innovazioni organizzative – che potrebbero definire i prossimi anni
della Telecom Italia? (per che cosa la ricorderemo in seguito)?

  3.
Ho citato a livello di ricerca la service exposure che rappresenta un
po’ la filosofia di questo modo di procedere. Ma devo citare anche cose
molto concrete come Tema Mobility, una azienda che sta portando un
prodotto sul mercato, la connettività tra automobile e servizi, che può
avere successo solo se si costruisce un ecosistema che comprende
assicurazioni, officine, service provider, istituzioni…

  Un
altro tema su cui stiamo lavorando è quello dell’energia, che pesa
sempre più in termini di costo e in termini ambientali. Siamo passati
da una logica di risparmiare noi ad una di creare strumenti che
consentano ad una varietà di aziende, da chi fa impiantistica a chi fa
elettrodomestici, di sfruttare la rete per diminuire i consumi
domestici, consumi che secondo una ricerca della Comunità Europea sono
destinati a moltiplicarsi di 4 volte nei prossimi tre quattro anni.
L’innovazione in questo caso l’abbiamo fatta in collaborazione con
ricercatori dell’università di Berkeley costituendo un nostro
laboratorio presso di loro e poi portando i risultati da noi e
integrandoli nel nostro contesto.

  Ulteriore
esempio sono le offerte basate sul paradigma web 2.0 orientate alla
piccola media impresa in cui forniamo strumenti, capacità elaborativa e
di memorizzazione (un cloud computing arricchito da
strumenti)diminuendo i costi alle imprese ed assicurando un continuo
miglioramento prestazionale.

  Nel
settore delle Comunità Virtuali abbiamo fatto innovazione, con
sperimentazione in campo basando la costruzione e la vita della
Comunità Virtuale su telefonino.

  Citerei
come quinto, ma ovviamente ve ne sono diversi altri, l’insieme di
collaborazioni che abbiamo con varie municipalità per fornire una
piattaforma su cui costruire servizi al cittadino. A Venezia lavoriamo
per permettere di costruire offerte integrate verso il turismo che
aggregano vari attori, dalle aziende di trasporto a quelle delle guide
turistiche, i ristoratori e i musei. E questo lo facciamo in presenza
di una situazione in cui buona parte della connettività fisica verrà
erogata dal Comune stesso che sta coprendo il territorio con reti wifi.
Questo a rimarcare come il nostro obiettivo sia di aggiungere alla
connettività fisica la connettività tra i business per generare nuovo
business. Nel settore dei servizi integrati in un ecosistema urbano
abbiamo fatto una sperimentazione con la città di Roma e l’azienda
trasporti che sulla base del traffico telefonico è in grado di dedurre
il traffico automobilistico, ingorghi e alternative di trasporto
pubblico a quello privato.

  Tra
le innovazioni organizzative cito la costituzione di un piccolo nucleo
al Future Centre a Venezia focalizzato sugli ecosistemi, un nucleo
aperto che studia insieme ad una molteplicità di aziende come si possa
creare un nuovo business tramite un tessuto di comunicazione, sia
fisico sia tra applicazioni. Questo nucleo è trasversale all’azienda ed
opera con il concetto organizzativo di rete.
 
  4. In
quali campi la Telecom Italia può essere un innovatore anche dal punto
di vista tecnologico? Ci sono, come diceva a Rovereto, grandi
ingegneri, buoni ricercatori e ottimi tecnici nel gruppo. Le loro
capacità possono essere indirizzate a migliorare la progettazione e la
gestione della piattaforma. Ma andranno anche a generare vere e proprie
innovazioni tecnologiche? Attraverso quale modello di riorganizzione
interna?

  4.
L’innovazione arriva da tutto il mondo ma la sua diffusione è sempre
relativa ad un sistema locale, specie se pensiamo ad innovazioni per il
sistema produttivo. Notiamo come locale non vada inteso in senso
geografico ma piuttosto in senso di caratterizzazioni specifiche.
Telecom Italia si focalizza su diversi sistemi “locali” insieme alle
imprese e ha l’obiettivo di portare innovazione in questi sistemi. Dal
punto di vista strettamente tecnologico abbiamo dei risultati
significativi, quale quelli raggiunti nel settore della propagazione
radio che ci permettono di servire più clienti a parità di spettro
disponibile. Oggi stiamo lavorando su sistemi innovativi per permettere
il trasferimento di energia tramite onde radio con una tecnica di
risonanza chiamata “onde evanescenti”. Diventa possibile ricaricare il
telefonino appoggiandolo al tavolo senza il caricabatterie e, forse
ancora più interessante alimentare dei sensori in un ambiente.

  L’innovazione,
è opportuno sottolinearlo, non è l’invenzione. E’ una cosa nuova
introdotta con successo nel mercato che in una qualche misura apre o
cambia lo spazio di business. Questo significa che dal punto di vista
organizzativo dobbiamo stabilire una filiera tra i ricercatori
tecnologici, quelli che studiano nuovi modelli di business e il
mercato. Questa filiera non è fatta di sole procedure o meccanismi di
scambio di informazioni tra gruppi. Stiamo cercando di realizzarla
anche cambiando il ruolo alle persone offrendo la possibilità ai
ricercatori che hanno raggiunto un risultato tecnologicamente
significativo e potenzialmente interessante dal punto di vista del
mercato di diventare piccoli imprenditori all’interno dell’azienda
togliendosi il cappello da ricercatore e mettendosi quello da product
manager. Questo comporta la riconfigurazione di gruppi il passaggio di
persone da una entità organizzativa ad un’altra ed anche percorsi di
formazione coerenti. Lo abbiamo fatto, ad esempio, per i risultati
ottenuti nel campo della Dynamic TV, una televisione che va a catturare
la lunga coda dei contenuti e orientata al lean forward piuttosto che
al lay back.
 
  5. Ci sono alcuni nodi cui molti – anche
dopo aver letto le risposte ai temi citati sopra – continueranno a
pensare. Andrebbero affrontati, almeno dal punto di vista metodologico.
Net neutrality. Separazione della rete. Investimenti nella Ngn.

  5.
Sono tutti temi molto importanti ed anche trasversali, dibattuti in
tutti i paesi. Su questi siamo aperti a confrontarci con gli organismi
regolatori e con il mercato. Gli investimenti per la NGN sono
inevitabili, il punto è come farli, in quanto tempo e in che contesto
regolatorio.
 
6. Se è vero che il mercato tradizionale della voce si va lentamente
erodendo, di che tipo saranno i servizi sui quali si baserà la Telecom
Italia del futuro? Sarà l’offerta o la domanda a definirli?

  6.
Oggi abbiamo al mondo un mercato potenziale di 6 miliardi di persone
che nella prossima decade potrebbero arrivare a 8. Parte di questi
mercati sono quello che era il nostro 20, 50 anni fa con la differenza
di una tecnologia che permette di intervenire rapidamente accorciando
enormemente i tempi di sviluppo. Pur con le differenze tecnologiche
evidenti il tipo di mercato è simile in termini di espansione per cui
si può dire che in quelle aree in cui c’è una crescita di mercato si
possono adottare con piccole varianti gli stessi modelli di business
che hanno caratterizzato la prima fase delle telecomunicazioni, quella
della scarsità di risorse, della comunicazione tra persone e della
capacità di fare una infrastruttura. Per contro, in paesi in cui il
mercato è maturo, come l’Italia, non è ovviamente possibile pensare al
futuro in termini di crescita di mercato nella comunicazione tra
persone ed anche in termini di servizi ci scontriamo con l’assoluto
muro delle 24 ore giornaliere: più di quello non si può telefonare, non
si può navigare non si può guardare la televisione.

  In
questi mercati, però, prevediamo che vi sarà una vera e propria
esplosione di un altro tipo di comunicazione, quello tra persone e
ambienti e quello tra oggetti. I sensori e le tecnologie di base come
la printed electronics sono tra gli abilitatori di questo scenario che
prevede qualcosa come 1000 miliardi di entità comunicanti al mondo. Il
punto è che questi 990 miliardi di entità comunicheranno in modo
diverso e dovranno essere trattati in modo diverso anche e soprattutto
dal punto di vista di modelli di business. Nella prossima decade sempre
più la parte di comunicazione fisica, la connettività, sarà inclusa
negli oggetti e nei servizi. Questo sarà un cambio radicale. Molti dei
nostri clienti non saranno più gli utilizzatori ma aziende che vogliono
dotare il loro prodotto di un canale di comunicazione, permettendo la
trasformazione di ogni prodotto in un servizio.

  Anche
la comunicazione tra persone, però, subirà importanti evoluzioni. Con
il progresso delle tecnologie la sensazione di presenza sarà sempre
maggiore e con questa si acoompagnerà una sempre maggiore interazione.
Se è pensabile che di per sé la larga banda sarà quello che oggi è la
banda stretta, quindi in un regime di tipo flat, è pur vero che a
livello di ecosistema complessivo la larga banda vedrà una esplosione
di servizi prodotti da terzi. Nella misura in cui Telecom Italia
diventi parte di questo processo produttivo con le sue piattaforme, con
i servizi di autenticazione e roaming tra terminali e ambienti, con i
servizi di localizzazione e soprattutto con quelli di trusted party,
avremo un grande futuro anche in termini di revenues che saranno molto
maggiori di quelle attuali. Pensiamo che il fatturato è raddoppiato
quando ai clienti fissi si sono aggiunti i clienti mobili. Cosa succede
quando alla clientela fissa e mobile, che ormai converge in un unico
tipo di cliente (con conseguente fisiologica riduzione di fatturato e
margine)si vanno ad aggiungere miliardi di sensori, miliardi di oggetti
che sono entità di comunicazione che portano nuove offerte al mercato?
E, punto chiave, si noti come questo passi attraverso l’efficientamento
della catene produttive, distributive e di customer care liberando
quindi risorse economiche che possono essere messe in gioco.
 
7. Pensa che la relazione tra informatica e telecomunicazioni sarà
trasformata da concetti come cloud computing, internet delle cose
(sensori, rfid, ecc), social network come piattaforme per applicazioni
innovative? Pensa che le reti della televisione e dell’internet
tenderanno fatalmente a convergere o resteranno separate? Il telefonino
diventerà uno strumento di pagamento anche in Italia? Quale contributo
specifico potrà dare la Telecom Italia a temi come la sicurezza, la
privacy, l’accesso universale a internet in banda larga?

  7.

  a)
Informatica e telecomunicazioni sono già oggi praticamente
indistinguibili a livello tecnologico. Hanno ancora modelli di business
diversi e probabilmente entrambe sono alla ricerca di nuovi modelli di
business.

  Il
computer è già scomparso, è diventato embedded in una pluralità di
oggetti. Oltre il 99,9% dei microprocessori prodotti non va a finire in
quello che chiameremmo un computer ma viene inserito in un giocattolo
(lo hanno più dell’80% dei giocattoli), nelle chiavi che aprono la
porta di un hotel o dell’auto, nel microonde, nei sistemi antifurto…
Tutti questi “computer” sono,al punto di vista percettivo del cliente,
“gratis”. La connettività si sta avviando sulla stessa strada, scompare
dalla percezione e appare gratis (flat rate, wifi, bluetooth, scambio
di informazioni tramite schede di memoria,…).

  Oggi
si vendono giocattoli sono se hanno il computer dentro che permette di
fare certe cose. La gente non paga il computer ma Intel fa più soldi di
10 anni fa. In modo simile la gente darà per scontato che il libro
elettronico cha ha acquistato (Kindle ad esempio) si colleghi
gratuitamente alla rete, così come la macchina fotografica che potrà
immediatamente inviare foto ad un amico…Ma il mondo delle
telecomunicazioni farà più soldi di quanti ne fanno oggi. Non
necessariamente le aziende di telecomunicazioni tradizionali. Per
questo le Telecom devono essere completamente ripensate in termini di
strategia e struttura organizzativa. Infatti avremo come utilizzatori
(e aziende) sempre più alternative di connettività fisica e la scelta
si sposterà su chi saprà fornire la migliore connettività logica.
Quindi chi saprà gestire meglio la privacy e la sicurezza, chi farà
apparire più semplice l’interfaccia…chi potrà meglio garantire
l’ubiquità di accesso ai servizi, chi saprà conservare e meglio rendere
fruibili le informazioni personali, chi vedrà il singolo (e la singola
azienda) come il focus del suo mercato.

  b)
Televisione e Internet convergeranno? Probabilmente la domanda è
irrilevante sul piano del business in quanto ciascuna avrà un suo
modello di business, con la televisione sostenuta da un advertising one
to many e Internet da un advertising one to one e one to community in
quello che alcuni chiamano il “future consumption network”. Dal punto
di vista tecnologico Internet potrà portare la televisione, e anche la
televisione potrà consentire l’accesso ad Internet.

  Il
punto è che la televisione è tipicamente, dal punto di vista del
consumo, un lay back e un punto di osservazione per più occhi, mentre
Internet è un lean forward fruito da un solo paio di occhi. Difficile
pensare ad un cambiamento.
Se la domanda invece è rivolta ad un
possibile cambaimento di abitudini che mentre oggi vede la televisione
saldamente in testa in termini di tempo di utilizzo, è possibile che
nei prossimi anni il declino di eye ball continui e possa portare ad
uno sbilaciamente verso Internet. In alcune fascie di età questo è già
successo.

  c)
Dal punto di vista tecnologico non vi è alcun problema a che il
telefonino diventi uno strumento di pagamento, così come accade in
Africa e in Giappone (per motivi molto diversi). Quello che occorre è
un adeguato sistema regolatorio.

  d)
Per l’accesso universale alla larga banda Telecom sta operando
concretamente su vari piani. Entro quest’anno la stragrande maggioranza
delle centrali sarà in grado di offrire il servizio ADSL. Per le
persone cha abitano in posti remoti in cui tecnicamente la lunghezza
del doppino impedisce l’ADSL si sta lavorando con tecnologie
alternative come ad esempio il WIMax che verrà dispiegato nel prossimo
anno nelle aree in cui abbiamo acquisito la licenza. Inoltre, il
progresso del mobile, già oggi in grado di offrire una buona banda e il
progressivo aumento di densità di banda portato dalla estensione delle
fibre ai cabinet previsto dalla NGN2 renderanno possibile una offerta
di larga banda tramite mobile a prezzi equivalenti al fisso in quelle
aree in cui la connettività da linea fissa non sia economicamente
sostenibile.

 
 

  • Claudio Ferrante |

    Ciao Luca,
    molto interessante, soprattutto quando afferma di tenere – parlo dell’articolo che ho letto su Nova – di più alla privacy che alle violazioni (quando si parla dei contenuti che viaggiano in rete, come discriminarli, se discriminarli), tutto in nome della net neutrality. Non lo trovo molto giusto, soprattutto perchè gran parte delle campagne pubblicitarie per il lancio dell’adsl sono state comunicate con l’implicita possibilità di poter scaricare qualsiasi cosa dalla rete, in modo legale e non.

  • uno-nessuno-centomila.. |

    Informatevi con i sindacati di quello che sta facendo bernabè e soci ai dipendenti.. abbiate il coraggio di vedere il vero volto di questa azienda.
    perdonerete l’anonimato ma non voglio essere rintracciato da loro.

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