3.300.000 di italiani pagherebbero le news

Internet, le news e il comportamento del pubblico. La base di ragionamento per chi voglia riformare i giornali di fronte all'ondata innovativa internettiana dovrebbero essere i dati. E di dati ne sono arrivati oggi. Di chiaro sapore strategico.

Enrico Finzi, di AstraRicerche, nel corso di un convegno organizzato dall'Ordine dei giornalisti, ha presentato i risultati di un sondaggio realizzato con un campione rappresentativo degli italiani tra i 15 e i 55 anni che usano internet. Si tratta di 16.2 milioni di italiani: il 49.2% degli italiani in quella fascia di età.

Gli italiani che usano internet sono ormai un gruppo molto simile all'insieme della popolazione. Salvo in un punto. Sono quelli che hanno studiato di più: il 90% di quelli che usano internet ha una laurea o un diploma, più che la media, dunque.

Ebbene: l'82% degli italiani che usano internet accede alle news su internet tutti i giorni. Non c'è altro medium che usino di più. Neppure la televisione che, per quanto riguarda le news è utilizzata tutti i giorni solo dal 63,1%. E neppure i quotidiani nazionali, usati tutti i giorni dal 21,9%, e i quotidiani locali, usati tutti i giorni dal 23,3%.

Si tratta, nel mondo dei diplomati e laureati connessi a internet, di uno strumento di accesso alle notizie davvero primario, dunque.

Il 52% di quelli che usano internet per informarsi dice di non aver ridotto l'uso di altri mezzi. Il 36,7% dice di aver ridotto gli altri mezzi. Di questi, l'83% ha ridotto i quotidiani, il 45,2% ha ridotto la tv, il 21% ha ridotto la radio.

La radio e il web sembrano i media più compatibili. Non si fanno concorrenza. Quasi si aiutano a vicenda.

L'idea che si sono fatti delle news online è che siano più indipendenti. Mentre i giornali sono più autorevoli. E la tv più godibile dal punto di vista delle immagini.

Di fronte all'ipotesi di ottimi servizi di informazione online, 3.300.000 di italiani segnalano una predisposizione favorevole a pagare.

  • bernardo parrella |

    se non erro la medesima ricerca segnala quanto segue (citando testualmente da pennedigitali.libero.it):
    >per 6.0 milioni di internauti “le informazioni/notizie fornite da giornalisti iscritti all’Ordine dovrebbero essere indicate con un piccolo simbolo (un’icona, un bollino)” quale marchio e garanzia di ‘origine controllata’.
    bene mi sembra davvero un’ottima soluzione, cosi’ ci sara’ garantita massima autorevolezza e “trasparenza”…
    a propo, scusa luca, forse sbaglio – ma com’e che sugli articoli “normali” del sole non si puo’ commentare? tipo quello di oggi sulla “trasparenza” imposta ai blogger-advertiser in USA…nel senso che riportare le vicende belle e brutte del giro online oltreoceano e’ semplice, ma invece cercare di applicare simili principi di trasparenza in italia e’ forse impossibile?

  • gigi beltrame |

    Io credo che ci siano 3 problemi sostanziali: l’omologazione delle notizie (è difficile differenziarsi sulla carta e la freepress punta sui lanci d’agenzia), lo scarso approfondimento delle stesse e l’infedeltà del lettore (legge quel che trova, ormai la news ti trova, non la devi cercare).
    Il gratis non è un problema, se qualcuno paga alla fonte. Il problema è che cosa paga l’utente e come ne fruisce.
    Oggi il web è la principale fonte di informazione, ma spesso è solo una parte dell’informazione cartacea. E’ in tempo reale ma funziona bene solo dopo che è passato uno spider di un motore di ricerca…
    C’è da lavorare.

  • massimo mantellini |

    Luca
    che tu sappia sono disponibili i dati sul metodo di ricerca applicato da Astra Risorse come richiesto per qualsiasi sondaggio minimaente credibile?

  • S. |

    Non mi pare sia indicato quanto è numericamente importante il campione intervistato.
    Però vorrei far notare che il 10% della fascia 15-55 anni non può avere un diploma di scuola media superiore e dunque nella fascia 19-55 tutti gli utenti internet italiani sarebbero diplomati o laureati? Non mi risulta.
    A meno che per diploma non si intenda anche quello di scuola media inferiore, in tal caso direi che il 90% di quelli nati da metà anni ’50 per forza di cose è diplomato.

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