Demand Media sviluppa traffico pubblicando migliaia di news e filmati ogni giorno su siti e social network dedicati a vari argomenti iperspecializzati. Chiede online gli articoli e i video a una platea vastissima di autori. Paga i produttori di articoli in modo variabile (una stima è di circa 20 dollari a pezzo) e i videomaker tra i 200 e i 300 dollari per clip. Inoltre, offre lavoro a chi vuole controllare gli scritti e migliorarne la qualità (3,50 dollari a pezzo). È stata capitalizzata dagli investitori con 355 milioni di dollari. E guadagna essenzialmente valorizzando il traffico che genera con la pubblicità.
Si tratta insomma di un’editoria in croudsourcing perfettamente adatta alla pubblicità che si raccoglie essenzialmente in base alle ricerche degli utenti sui motori di ricerca. In questo contesto, hanno importanza soprattutto i singoli pezzi, non le testate: perché le ricerche online valorizzano i singoli elementi, non i contenitori. Per questo i giornali non le capiscono molto bene: il loro valore è proprio nelle testate e nella linea editoriale che quelle testate sintetizzano.
Demand Media è un "editore" adatto all’ecosistema dominato dai motori di ricerca. Le testate giornalistiche dovranno evolvere per adattarsi. O inventare un nuovo ecosistema.