Il presente spiega il passato (e costruisce il futuro)

«Il presente spiega il passato», diceva Fernand Braudel:
perché la storia, disciplina della quale era maestro, cambia nei diversi
contesti storici. Cambia quando un popolo si ricostruisce dopo una
guerra,
quando pensa di vivere nel pieno di una grande trasformazione, quando si
sente
in declino, quando emerge dopo un disastro ecologico o quando
istituzionalizza
il risultato di una rivoluzione. 

Sicché, a proposito della domanda che
si pone
il
convegno organizzato oggi al Politecnico di Torino, abbiamo una certezza: gli storici del 2060
si
interrogheranno sul nostro presente sulla base delle domande sollecitate
dal
loro presente. 

Il nostro più importante contributo ai loro studi, sarà
dunque
quello di lasciare ben in vista le chiavi della logica con la quale
pensiamo di
selezionare le informazioni da conservare e quelle alle quali attribuire
un
diritto all’oblio o un obbligo alla cancellazione. E anche così sappiamo
che gli scienziati del futuro vorranno interpretarci, non solo leggerci.
Se non
ci saranno disastri epocali, è prevedibile che le macchine delle quali
disporranno gli storici del futuro saranno in grado di gestire quantità
di dati
che oggi sembrano abnormi, avranno la capacità di rigenerare memorie che
oggi
sembrano perdute, sapranno connettere brandelli di informazione che oggi
sembrano troppo complessi da mettere insieme. Forse. Ma quello che non
faranno
senza una vera scienza, sarà decodificare, nella quantità di
informazioni che
produciamo, i fatti e la mera comunicazione. Dobbiamo imparare a farlo a
nostra
volta. Per il bene dei nostri pronipoti.
E per il nostro.

  • Ars Longa |

    “abbiamo una certezza: gli storici del 2060 si interrogheranno sul nostro presente sulla base delle domande sollecitate dal loro presente” E ci voleva un convegno per ottenere questa certezza? Cosa facciamo noi rispetto al passato? Poniamo le domande al passato in base al nostro presente e a ciò che ci tocca del presente. Il grande storico Carr in “Sei lezioni sulla storia” scriveva che quando un profesore scrive a proposito della decadenza di qualche impero spesso ciò avviene in coincidenza dell’asenza della sua donna di servizio. Lasciare poi le “chiavi della nostra logica” mi sembra una affermazione stupefacente. Braudel si rigirerebbe nella tomba. Quando mai una società del passato ha scientemente indicato la propria logica ammesso che si possa parlare di logiche collettive?
    E ammesso che la tecnologia a disposizione tra 50 anni sia così potente da affrontare una messe di dati maggiori che vantaggio se ne avrebbe se non si fosse capaci di porre le domande giuste? Ma perché prima di scrivere non rileggete Marc Bloch o “Metodologia della ricerca storica” di Topolski? Magari evitereste di confondere le idee ai posteri.

  • Roberto Vannini |

    Do not confuse the moon with the finger that points at it
    – Zen Proverb-
    La complessita’ e’ un concetto che non deriva dalla dimensione del campo d’indagine;
    rappresentandoci un mondo lineare, applichiamo un principio di sovrapposizione degli effetti, credendo di ricavare il tutto attraverso le parti ( Fuzzy Thinking by Bart Kosko)
    L’intelligenza artificiale ha iniziato a divergere dalla logica lineare di approccio, fuzzyficando il punto di vista , per poter avvicinare “i comportamenti complessi” attraverso le macchine.
    Nel 2060 le tecnologie sposteranno il punto di vista dello storico e ne supporteranno una logica diversa di lettura.
    Esattamente come nei nostri giorni la lettura tridimensionale del volto dell’Uomo Sindonico aggiunge una chiave di lettura, non disponibile agli storici dei secoli passati.
    L’esempio e’ calzante perche’ in prospettiva l’oggettivita’ storica potrebbe cedere il passo alla “fede”, chiamata in campo dalle tecnologie e dalla loro capacita’ originale di decodificare gli artefatti umani.

  • Cecilia De Maddalena |

    A proposito di Fernand Braudel, lo stesso è stato commemorato a Nimes sabato scorso in occasione dei anni 25 anni dalla morte. Chissà cosa penserebbe lui delle chiavi della logica. E cosa penserebbe degli storici sempre più impegnati a coltivare il proprio orticello che a condividere le informazioni con gli altri.

  • Claudio Brovelli |

    Come sostenevo gia’ qualche anno fa, il p2p potrebbe aiutare la conservazione della memoria e della cultura.
    http://www.shannon.it/blog/perche-il-file-sharing-dovrebbe-essere-sostenuto-per-legge/

  • carlo cetteo cipriani |

    La conservazione della memoria dipende sì da cosa vogliamo ricordare ma anche da cosa ”si salva” con il tempo. Archivi distrutti, erosi non completamente dal tempo, tarli, topi, alluvioni, furti, sono la vita quotidiana degli storici di oggi.
    Gli storici del futuro avranno gli stessi problemi: un supporto magnetico che si riga, un grave black-out che danneggia un gruppo di memorie, un terremoto che distrugge un server o chissà cosa ……. farà scomparire alla disponibilità dello studioso del futuro tante informazioni.
    Certo la tecnologia darà la possibilità di accedere a risorse informative sparse nel mondo, nascoste qui e là. Sarà più semplice fare ricerca storica fra 100 anni riguardo ad oggi ma sarà anche più complesso per la grande quantità di dati.

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