Telefonini intelligenti: dopo il clamore suscitato dal primo film,
intitolato iPhone, la Nokia intende scrivere il sequel. Marko
Ahtisaari, 41 anni, è incaricato di stendere la sceneggiatura. Ed è
costretto a porsi qualche domanda di fondo. Chi è il leader? Il più
grosso o il più autorevole? Nokia o Apple?
Il nuovo capo del design della Nokia sa che la domanda circola da
quando, circa tre anni fa, il carisma di Steve Jobs ha attraversato il
cammino fino ad allora sicuro del gigante finlandese dei telefonini. E
resta aperta. Perché la Nokia continua a vendere una dozzina di volte
più telefoni della Apple. Ma ottiene una frazione dell'attenzione
conquistata dall'azienda californiana sui media. E sul mercato, come
dimostra la sequela di imitazioni dell'iPhone, lanciate dai
concorrenti. Il guru Peter Drucker diceva: «Management è fare le cose
bene. Leadership è fare la cosa giusta». Ebbene, Marko Ahtisaari ha
intenzione di trovare una risposta sorprendente: anche un gigante può
fare la cosa giusta. Ma deve ribaltare parecchie abitudini. Perché il
tema non è più quello di vendere buoni prodotti, ma riconquistare la
leadership culturale.
Come? Cambiando il gioco. «Credo di dover abbattere alcuni dogmi»
dice Ahtisaari riferendosi al mondo dei cellulari che ormai sembra
voler parlare solo la lingua di Cupertino e della Silicon Valley. «La
leadership della Apple, di Google, di Facebook è americana. Noi siamo
un'azienda europea. E abbiamo qualcosa da dire».
Già. Ma che cosa? La difficoltà è immensa: la Apple è riuscita a
ridefinire il business dei cellulari, facendolo diventare un insieme
complesso nel quale si gioca sulla qualità del design, la semplicità e
quantità delle funzioni, l'emozione dei contenuti, l'utilità dei
servizi online. La Apple ha portato ai cellulari la sua esperienza nei
computer connessi a internet e attivato un mercato totalmente nuovo di
applicazioni, spesso realizzate da minuscole case di software in ogni
parte del mondo, che conferiscono all'iPhone una gamma di funzioni che
una sola azienda non avrebbe mai potuto progettare. Ha conquistato una
centralità strategica che ha spiazzato gli altri produttori di
terminali, ha generato un terremoto nel commercio elettronico, ha messo
in difficoltà le compagnie telefoniche.
Nokia ha la possibilità giocare su un campo molto più largo di quello
della Apple: può servire la fascia del mercato che vuole un buon
telefono anche se poco intelligente; ha modo di offrire smartphone
dotati di tutte le funzionalità principali al più basso prezzo sul
mercato; ma è costretta anche a giocare sulla fascia alta degli
smartphone costosi e attraenti come l'iPhone. La fascia dove si gioca
la leadership culturale.
Sicché, Ahtisaari passa metà del suo tempo a pensare come
ridefinire la relazione tra i telefonini e chi li usa. «Guardo le
persone al ristorante. Chine sul loro cellulare, disattente nei
confronti degli altri commensali. E penso che c'è qualcosa da
migliorare». L'esperienza offerta dagli smartphone attuali è
"immersiva". Tecnologia persuasiva, come direbbe BJ Fogg, il cellulare
che si comanda toccando lo schermo invita a concedere alla macchina
tutta l'attenzione. «Ma per me è più importante che le persone si
guardino negli occhi. E che il cellulare se ne stia al suo posto».
Concezione generosa, per un designer: vuole che i suoi prodotti si
tolgano di mezzo per lasciare gli umani al centro della scena. «Questo
è coerente con la nostra identità: Nokia non è stile di vita. Nokia
serve e facilita le comunicazioni tra le persone. Ma dobbiamo portare
questo concetto a un nuovo livello».
Ahtisaari possiede i fondamentali per far entrare la Nokia nel
nuovo millennio. La sua cultura si è formata in una serie di start up
nel mondo veloce dei social network. Negli anni in cui suo padre,
Martti, lavorava con la pazienza del diplomatico in Kosovo, prima di
essere premiato con il Nobel per la Pace, Marko era ceo di Dopplr, una
piattaforma per condividere informazioni di viaggio. Giunto alla Nokia,
ha cominciato unificando i gruppi che si occupano di progettare
hardware e software. E lavora a stretto contatto con chi sviluppa i
servizi online, da Ovi – la piattaforma per le applicazioni da usare
sui cellulari Nokia – al gruppo che sviluppa i servizi sulle mappe, in
grande spolvero in questi giorni per essere state adottate da Yahoo!. E
sa dove giocare la sua prossima partita.
«I social network basati sulla pubblicità sono costretti a tentare
di concentrare tutta l'attenzione su di sé e tendono a confondere il
confine tra la rete di amici privati e la comunicazione pubblica. E
devono crescere, conquistando sempre nuovi utenti che abbiano un numero
sempre maggiore di connessioni». Come si vede nel caso di Facebook.
«Noi staremo sempre dalla parte dei piccoli gruppi che comunicano. Ci
concentriamo sulle relazioni che si sviluppano nella cerchia di amici
fidati e vicini. E la dobbiamo servire con un mosaico di servizi che
non s'intromettano tra le persone, portando la loro vita in piazza.
Saremo sempre dalla parte della privacy anche se questo rallentasse la
crescita del servizio».
Insomma, il progetto di Ahtisaari sembra chiaro. Un nuovo
approccio per un insieme di bisogni emergenti, nel mondo iperconnesso e
distratto degli smartphone attuali. La realizzazione è tutta da vedere.
Ma già le domande che Ahtisaari si pone sono giuste e le risposte
potenzialmente rivoluzionarie. La leadership ha un effetto: quello che
molti seguono chi sta alla guida. Ma può avere molte cause: visione,
credibilità, potere, autorità, muscoli, dimensioni, carisma. Se tra
qualche anno vedremo meno persone chine sul display, anche Ahtisaari
potrà camminare a testa alta.