La legge di Google e Facebook

Chi si iscrive a Facebook poteva fino a qualche giorno fa importare sul social network la propria rubrica di contatti, con numeri di telefono e indirizzi di email, che aveva registrato su Google. Ma Facebook impediva ai suoi utenti di fare altrettanto, esportando le informazioni sui loro amici per registrarle anche nella piattaforma di Google (una delle molte restrizioni che alimentano l'attenzione intorno al prossimo avvento di Diaspora, social network che promette di essere del tutto dalla parte degli utenti).

Ebbene, ieri, Google ha unilateralmente bloccato il passaggio d'informazioni personali verso gli altri servizi online che non garantiscano una reciprocità.

Così, in un giorno, con un comunicato aziendale, le regole che riguardano la privacy online sono cambiate in modo importante. Dati molto personali, come quelli che riguardano le relazioni tra le persone e il modo per trovarle online e per telefono, passavano da un'azienda all'altra senza controllo: ora la pratica è stata temporaneamente bloccata. Potranno riprendere a circolare tra i diversi database in futuro, purché tutte le piattaforme ne traggano vantaggio e non solo una.

Nello stesso giorno, l'Unione Europea ha dichiarato una nuova offensiva sulla protezione della privacy online. La commissaria alla Giustizia, Viviane Reding, che sta lavorando alla nuova regolamentazione, dice che «la protezione dei dati personali è un diritto fondamentale». Ha proposto norme che obblighino i provider di servizi online a pratiche innovative. Gli utenti dovranno avere la possibilità di cancellare o far cancellare tutti i dati che li riguardano quando lo ritengano opportuno, anche se sono stati loro stessi a registrarli. E le piattaforme online dovranno chiedere il permesso agli utenti prima di poter usare in qualunque modo i loro dati per fini commerciali. Cambiamenti molto significativi, per le aziende. Che potrebbero minare la loro capacità di offrire agli inserzionisti pubblicitari un servizio di grande valore: le informazioni personali servono infatti per lanciare i messaggi pubblicitari mirando in modo estremamente preciso ai gruppi di utenti più interessati.

Il fatto è che l'iter legislativo ha i suoi tempi. Molto più lenti di quelli della rete. Le norme proposte dovranno passare al vaglio degli organi istituzionali europei, che ascolteranno le posizioni di tutti gli interessati, comprese le lobby delle aziende contrarie alla nuova normativa. E dovranno discutere di tutto questo, per esempio, anche con gli Stati Uniti, che hanno un'idea diversa della privacy e che comunque in questo caso saranno tentati di proteggere gli interessi delle loro aziende.

Se alla fine, comunque, l'Europa approverà la linea della Reding, saranno gli stati nazionali a dover intervenire, convertendo in legge l'indicazione, cogente, dell'Unione Europea. E la Commissione, che si aspetta tempi lunghi anche in quella fase, ha già fatto sapere che terrà attentamente sotto controllo gli stati, minacciando anche forti sanzioni per quelli che non approveranno in fretta le nuove norme. Ma anche nella migliore delle ipotesi, quando tutto sarà finito, le tecnologie delle aziende avranno già fatto passi da gigante. E le loro pratiche commerciali saranno supportate da soluzioni che attualmente non sono disponibili.

La discrepanza tra i tempi della politica e quelli della tecnologia digitale è del resto stata dimostrata dalla vicenda della legge Pisanu: se è riuscita a impedire lo sviluppo della diffusione degli accessi aperti a internet per la popolazione onesta, non ha certo impedito lo sviluppo di tecnologie che consentivano ai malfattori di comunicare.

L'Europa non potrà che giocare sulle mozioni di principio: la privacy dei cittadini non è negoziabile, le aziende la devono rispettare, evitando ogni pratica opaca nel trattamento dei dati personali, garantendo il diritto all'oblio, accettando che siano gli utenti a decidere come e quando concedere lo sfruttamento commerciale dei loro dati personali. Ma le compagnie saranno davvero incentivate a rispettare la privacy o ad aggirarla solo in base al loro interesse. La decisione che ha preso Google, in effetti, può essere letta come un ampliamento delle possibilità di protezione della privacy: ma è stata presa solo in funzione della sua competizione contro Facebook.

Non c'è dubbio che le norme contano. Ma l'incentivo più importante sarà sempre quello commerciale. E dunque le regole più importanti saranno quelle che desidereranno davvero gli utenti. È dalla loro consapevolezza dei loro diritti, dei rischi che corrono pubblicando o registrando online i loro dati personali, dell'esistenza di alternative più rispettose, che discenderanno i loro comportamenti.

In tale prospettiva, le piattaforme più orientate a garantire la privacy potranno giocarsi questa caratteristica come vantaggio competitivo. Diaspora, per esempio, è un nuovo social network basato su software aperto e dichiaratamente orientato a garantire il diritto alla privacy degli utenti più di Facebook: il suo nome nasce dall'ipotesi che, proprio per queste sue caratteristiche, molti utenti abbandoneranno Facebook per passare a Diaspora. Naturalmente è solo un'ipotesi: l'effetto rete, l'abitudine, la mancanza d'informazioni sulle alternative saranno sempre alleati dei giganti attuali. Ma l'innovazione in rete è possibile. E, come ha sempre detto Bill Gates, i dominatori di una fase della sua storia sono raramente dominatori anche della fase successiva. Ha avuto ragione più volte, nel passaggio della leadership dall'Ibm alla Microsoft e a Google: potrebbe avere ragione anche per il futuro.

(Pubblicato sul Sole 24 Ore del 6 novembre 2010)

  • Elena Sartori |

    Lo estrapolo dal tuo articolo perché è talmente vero che…
    “La discrepanza tra i tempi della politica e quelli della tecnologia digitale è del resto stata dimostrata dalla vicenda della legge Pisanu: se è riuscita a impedire lo sviluppo della diffusione degli accessi aperti a internet per la popolazione onesta, non ha certo impedito lo sviluppo di tecnologie che consentivano ai malfattori di comunicare.”
    E aggiungo: ci siamo andati di mezzo tutti!

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