«I prodotti migliori vengono dai missionari. Non dai mercenari». Parola di Jeff Bezos, fondatore di Amazon. Ha costruito la sua azienda come si diffonde una cultura: ha cresciuto una squadra di esploratori, liberi dalla paura di sbagliare, pazienti quanto basta per coltivare innovazioni orientate al lungo termine, coordinati dalla missione di migliorare la vita dei consumatori, sostenuti dalla sua mitica, inesauribile risata. E l’azienda, nata nel 1994 per vendere libri online, è ormai un gigante dell’ecommerce, con 34 miliardi di dollari di fatturato nel 2010, ma resta soprattutto un pioniere nell’internet. «L’identità di Amazon? Certo, commercio e tecnologia. Se sono costretto a scegliere, dico che siamo un’azienda tecnologica. Ma la tecnologia deve avere un senso».
È il tema centrale della competizione nei settori ad alta innovazione: l’obiettivo è conquistare la leadership culturale, definire una prospettiva, connettere le novità alla lunga durata. «Noi ci occupiamo di soddisfazione dei consumatori. E i consumatori hanno preferenze stabili: vogliono prezzi bassi, vasta scelta e consegna immediata. Questo non cambia. Quindi, il ritmo dell’innovazione è incalzante, ma va sintonizzato al lungo termine. Così ha un senso. La tecnologia è solo la materia prima dell’innovazione». Sicché si comprende perché lo spirito deve restare quello dei pionieri: le aziende non fanno grandi prodotti perché sono grosse. Ma perché hanno lo spirito giusto. «Chi non fa esperimenti e non rischia non avrà vita lunga, nei settori innovativi. Le aziende troppo orientate alla gestione e alle procedure sono in difficoltà: puoi codificare tutti i modi per dire "no", ma non puoi istituzionalizzare il coraggio per dire "sì"». La cultura dell’innovazione è un’antropologia aziendale. «Significa svegliarsi alla mattina con la motivazione a inventare qualcosa: per questa settimana, per questo mese, o per questo decennio. Significa celebrare gli innovatori per spingere le persone a emularli. Significa avere la squadra giusta: quando assumiamo qualcuno gli chiediamo: che cosa hai inventato?».
In effetti, Amazon funziona quando inventa – «anche se quello che si inventa non sempre funziona» – e non quando copia. È avvenuto, per esempio, quando Amazon ha introdotto la sua versione del commercio basato sul sistema delle aste: sembrava chiaramente una copiatura dalla soluzione che aveva resto grande eBay. «È stato un percorso molto controverso. Aprire la nostra piattaforma ad altri venditori. Abbiamo sbagliato due volte. Abbiamo insistito. Abbiamo trovato la soluzione giusta, quando abbiamo trovato una soluzione nostra, con il marketplace: ora il 30% degli oggetti venduti sulla nostra piattaforma è offerto dai partecipanti al marketplace».
Una cultura è stabile. «Richiede un intenso storytelling. Per trovare un equilibrio tra l’accettazione del rischio di sbagliare e la volontà di costruire qualcosa che duri nel tempo. Siamo duri nella visione e flessibili nei dettagli».
E in pratica? «Il processo innovativo di Amazon parte dai consumatori e va all’indietro per riconfigurare i nostri processi». E Amazon ha molti modi per conoscere esattamente che cosa vogliono in consumatori: 135 milioni di clienti sono un’incredibile quantità di dati da analizzare. Anche sulle "metriche" innova. «Studiamo le interazioni dei clienti con il nostro sito. Quando sono troppe, quando mandano troppe mail, sappiamo che stiamo sbagliando qualcosa». Qualcosa che può avere a che fare con il design dell’interfaccia, con il modo in cui i prodotti sono presentati, con la velocità di reazione.
Ma questo consente di aggiustare il tiro. Non di decidere l’obiettivo. Bezos non esita a prendere posizione, per esempio, sul tema tanto dibattuto del "paradosso della scelta", secondo il quale i consumatori reagiscono male se la gamma di prodotti alternativi è troppo ristretta ma sono altrettanto negativi se l’offerta è troppo vasta: l’ansia di scegliere toglie piacere all’acquisto. «Io credo che la strada giusta sia offrire la gamma di alternative più vasta possibile. Molti scienziati dicono che questo rende i consumatori ansiosi e quindi consigliano di limitare le alternative a massimo sei prodotti fungibili. Io penso che l’ansia derivi dalla fatica di informarsi bene sui prodotti tra i quali scegliere. Quindi rispondo che occorre migliorare l’informazione». Duri nella visione e flessibili nei dettagli. «Secondo me, è per questo che il nostro sistema che consente ai consumatori di recensire i prodotti è risultato tanto importante. Uno scrittore che aveva avuto una recensione negativa a un suo libro mi disse che facevo male il mio lavoro. Risposi che il mio problema non era vendere un singolo libro, ma facilitare la vita dei consumatori nell’attività di scelta dei libri».
Evidentemente, una visione costruita sul buon senso dei valori e la competenza delle opportunità offerte dalla tecnologia, funziona. Bezos ha cominciato col web quando vide che la rete cresceva del 1.300% l’anno. Oggi vede le stesse dinamiche di crescita nel mondo delle connessioni mobili. Il suo Kindle ha interpretato questa dinamica per applicarla al mercato dei libri. E da qualche settimana sappiamo che le vendite in formato Kindle hanno superato le vendite di paperback sulla piattaforma Amazon: «115 a 100». Il leader dell’ecommerce ha recentemente aperto anche un servizio dedicato all’Italia: «In dicembre abbiamo avuto quasi 4 milioni di utenti unici su Amazon.it. Ci ripromettiamo di migliorare progressivamente il servizio». Come terra di missione, l’Italia sembra promettente.