Sulla GraphSearch di Facebook

Articolo uscito sul Sole 24 Ore mercoledì 16 gennaio 2013

Facebook e Microsoft contro Google. Ma anche contro
TripAdvisor, Linkedin, i siti di online dating e molte altre specie di
piattaforme che consentono di trovare risposte rilevanti alle domande che si pongono alla rete. Sfida grande e ambiziosa: e infatti Mark Zuckerberg è
stato molto prudente nel presentarla. Ma il motore di ricerca sociale era una
possibilità ormai a portata di mano.

Il grande patrimonio di Facebook è un miliardo di abbonati
che hanno creato mille miliardi di connessioni scambiandosi contenuti,
segnalando quello che apprezzano con il "like", raccontando qualcosa
di se per coltivare le relazioni con gli altri. La rete di collegamenti tra
persone, giudizi e cose che emerge da questo cosiddetto "grafo sociale"
è una chiave di lettura sul mondo. E con molta coerenza è diventato un modo per
cercare informazioni e giudizi. La "graph search" consente di trovare
i film, le foto o i ristoranti che piacciono alle persone che conosciamo,
cercare un fidanzato tra gli amici degli amici, oppure assumere qualcuno che
piaccia a persone che ci piacciono. È potenzialmente un drastico cambiamento
nel modo di usare Facebook. È una sfida tecnologica straordinaria. È un nuovo
labirinto in termini di privacy, cui Facebook risponde dichiarando che tutti
avranno modo di ritirare i contenuti che non vogliono siano ricercabili. Sarà
il caso di starci attenti, perché durante la presentazione del nuovo servizio
si è compreso chiaramente che si potranno fare anche ricerche su argomenti
piuttosto sensibili, tipo: «Chi si può assumere tra gli amici dei miei amici
che apprezza Mitt Romney e non Barack Obama?».

Ma anche se tutto questo si chiarisse, i motivi di
riflessione non mancheranno. Per esempio per chi, come Eli Pariser, autore di
"The Filter Bubble", si preoccupa che Facebook, come del resto
Google, contribuisca a chiudere le persone nel recinto chiuso delle loro
conoscenze e riduca le probabilità di scoprire nuovi punti di vista.

 Zuckerberg però è convinto che il valore d'uso della sua
nuova tecnologia costruirà una base di utilizzo talmente grande da rendere
difficile tornare indietro. E su quei comportamenti pensa di sviluppare un
business. In effetti, la sua azienda, vista dal mondo della finanza, ha bisogno
di alzare significativamente la redditività del suo miliardo di utenti, che
attualmente non producono che qualche dollaro a testa all'anno di fatturato. Di
certo i trend setter tra i suoi utenti avranno un valore pubblicitario molto
più alto.

La strada è lunga, dice però Zuckerberg, che alla finanza
presta sempre ascolto con una punta di distrazione. Ora la "graph
search" esce in prova limitata e non è per gli smartphone. «Abbiamo anni
di lavoro davanti». Su questo punto, Zuckerberg tiene la barra dritta: la sua è
una visione di lungo termine. E le relazioni trimestrali non sono il suo
problema principale.