Mentre gli americani ridiscutono e in parte riducono la sorveglianza di massa online, i francesi la aumentano. E i cittadini subiscono. Al di là delle tecnicalità parlamentari, gli Stati Uniti non hanno rinnovato la legge che consentiva all’Nsa di condurre massicce raccolte di dati sui cittadini e sugli stranieri, nelle diverse e molto invasive forme svelate dall’ex consulente Edward Snowden. Gli osservatori sono divisi nella valutazione della situazione che si è venuta a creare: ma certamente la pratica della sorveglianza di massa non è più così priva di ostacoli in America. Nel frattempo, appunto, in Francia, l’Assemblea nazionale ha approvato l’avvio dell’iter che potrebbe portare all’introduzione della sorveglianza di massa nel paese europeo che, nelle intenzioni dei promotori, avverrebbe senza bisogno di un’autorizzazione di un giudice. La necessità di raccogliere informazioni per la lotta al terrorismo è ovviamente il motivo dichiarato della sorveglianza di massa. Ma la sua applicazione pone in contraddizione l’obiettivo della sicurezza dei cittadini con la salvaguardia della loro libertà.
Non è un argomento facile. Da una parte, la sorveglianza di massa coglie l’opportunità offerta da internet per dare nuove armi all’intelligence per scoprire i movimenti dei presunti terroristi: difficile non vederne la potenziale efficacia. Ma dall’altra parte riduce la privacy a un mero ricordo.
I cittadini sembrano subire tutto questo con qualche limitata protesta. Anche perché non vedono bene in che modo partecipare alle decisioni. Secondo il filosofo Luciano Floridi una limitazione della libertà nel corso di un confronto militare dovrebbe essere proposta dalla politica come una misura espicitamente limitata nel tempo fino al raggiungimento dell’obiettivo. E una deliberazione in questo senso potrebbe essere facilitata da un dibattito vero in rete. Anche questa è un’opportunità che internet offre. Dovrebbe essere colta.
Articolo pubblicato su Nòva il 7 giugno 2015