Iban calcola che i business angel italiani hanno aumentato gli investimenti in startup italiane del 45%, l’anno scorso. Intanto, il venture capital ha diminuito gli investimenti a 43 milioni con la fine del periodo di validità del fondo Ht per il Sud e- nonostante l’entrata in gioco di importanti operatori professionali – resta a un livello molto basso, mostra l’Aifi.
È evidente che il venture capital, quando è gestito secondo le best practice internazionali, costituisce un collegamento tra le imprese innovative e la finanza: fondamentale perché è insieme funzionale e culturale. Ma il venture capital italiano, con molte meno risorse che altrove, fa un decimo delle operazioni che effettuano i fondi analoghi in Germania e un quinto di quelli francesi. E ci sono proporzioni simili per il volume di capitale investito all’anno. Un ritardo fatale? «Non c’è nessuna ragione per cui il venture capital italiano non possa raggiungere il livello dei principali paesi dell’Europa continentale» osserva Massimiliano Magrini, cofondatore di United Ventures. Ma perché questo avvenga devono moltiplicarsi le risorse a disposizione degli operatori, che devono diventare più numerosi e forse più grandi. Come si può fare un salto di qualità?
Il Fondo Italiano può svolgere il ruolo di architetto del sistema. Anna Gervasoni, direttore generale di Aifi, ne è convinta. Il Fondo – che in passato aveva giù creato un fondo di fondi da 50 milioni – con il sostegno della Cassa Depositi e Prestiti, è avviato a mettere insieme un nuovo fondo da 150 milioni che potrebbe arrivare dunque a mobilitare almeno 400 milioni da investire. «Il momento è quello giusto. Non raggiungeremo gli altri paesi europei in un paio d’anni. Ma ci possiamo avvicinare» dice Gervasoni. E poiché il sistema delle startup italiane ha ormai una dimensione interessante, con più di 4mila imprese iscritte al registro delle imprese innovative, il potenziale è dimostrato. Non resta che sperare che le grandi e medie imprese italiane scoprano che l’innovazione si fa anche comprando startup. Ma questa è un’altra storia.
Articolo pubblicato su Nòva il 28 giugno 2015