L'Italia turistica non si prende sul serio

E mentre l’industria turistica italiana fatica a tenersi al passo col presente – per non dire il passato – della digitalizzazione delle relazioni con il mercato (come mostrano le informazioni raccolte in queste pagine di Nòva), già si intravvede un futuro di ulteriori grandi, epocali, trasformazioni accelerate. La competizione tra i territori che tentano di attrarre i viaggiatori e tra i gestori dei servizi di trasporto e accoglienza si fa più complessa man mano che mutano i significati dei luoghi e la varietà delle attività che vi si possono svolgere. Come dicono all’Institute for the future, le geografie attraversano una “transizione” profonda, sicché si può dire che gli stessi territori viaggiano nel tempo e si modificano la tecnologia: la storia recente dei treni veloci e delle piattaforme per lo scambio di passaggi in auto ha cambiato le distanze; il probabile avvento dei robot sociali per i servizi e i trasporti è destinato a modificare i costi e la qualità delle modalità di interazione con le città; l’agricoltura urbana e i luoghi di sviluppo dell’economia della conoscenza promettono di trasformare il paesaggio e l’attrattiva delle destinazioni; le migrazioni delle nazioni infondono una nuova ondata di diversità nelle società connesse, con conseguenze culturali e di fascinazione di grande portata. In effetti, è comprensibile: la dinamica tecnologica che attraversa ogni aspetto della vita degli umani non cessa di modificare anche il senso del viaggio, inteso come esplorazione della storia del presente, e di trasformare le forme del turismo pensato come comparto dell’industria dell’entertainment. Intanto, le economie fondate sulla quantità di visitatori, cominciano a pensare di spostare l’attenzione verso la qualità delle esperienze di visita, non per una particolare conquista di consapevolezza, ma per la necessità di passare a un’economia sostenibile del turismo. Venezia potrebbe essere un esempio globale della necessità di pensare la sostenibilità turistica come qualità culturale, ma sarebbe l’avanguardia più ovvia di un cambio di strategia necessario per l’insieme dell’Italia, in un contesto nel quale il mondo affronta la prospettiva del cambiamento climatico e in uno scenario geopolitico sempre più difficile. In tutto questo un punto appare già chiaro: un paese senza infrastrutture di connessione internettiane e senza cultura dell’economia digitale non progredisce nel turismo, anche se sul suo territorio ci sono alcuni tra i più bei luoghi del mondo. Dopo un decennio di disattenzione colpevole seguito da anni di annunci un po’ sterili, l’Italia del turismo ha bisogno di prendere il suo destino sul serio.
Articolo pubblicato su Nòva il 14 dicembre 2016