Julia Ioffe, giornalista di The Atlantic e Jonathan Chait del New York Magazine hanno ricevuto alcuni strani messaggi da Google. Li avvertivano di un rischio per la sicurezza della loro posta elettr0nica. In particolare, qualcuno voleva rubare la loro password. Ma non si trattava di criminali comuni: chi li attaccava era potenzialmente una banda dietro la quale c’è un governo. Ne parla Daniel Lippman di Politico. Il fatto merita di certo due verifiche tecniche. La schermata del messaggio di Google è stata pubblicata da Ioffe sulla sua pagina Twitter. Ma nel mondo dei fake tutto è possibile. L’episodio, però, è istruttivo per molti motivi. Se tutto fosse come sembra, si tratterebbe di un ulteriore salto di qualità nella guerra online che qualche stato sta combattendo per il controllo del dibattito interno negli Stati Uniti. Dopo le polemiche suscitate con la pubblicazione di notizie estratte in modo fraudolento dai computer dei politici, adesso si passa ai servizi informatici dei giornalisti. I paesi europei dove stanno per tenersi elezioni sono avvertiti: ci sono menti sofisticatissime dietro queste operazioni. Ma la vicenda insegna anche che Google è in grado di prevedere un possibile attacco contro la segretezza della password e di sapere anche chi muoverebbe quell’attacco. Compreso il fatto che sarebbe sostenuto da un governo. Inoltre, questa storia insegna che le convinzioni in America sono ormai tanto radicate che un giornale come Politico riporta il sospetto di alcuni giornalisti secondo i quali il governo che sta dietro l’attacco è quello russo (eppure Google non specifica quale governo è sospettato; quindi al limite potrebbe anche essere il governo americano, visti i precedenti denunciati da Edward Snowden). Forse vuol dire anche, infine, che Google lavora alla sicurezza con sempre maggiore precisione ed efficacia. Il che rafforza la sua posizione dominante nei servizi internettiani. Un potere crescente di decisione e azione. Che spiega perché la Danimarca abbia deciso di nominare un ambasciatore verso le potenze digitali come fossero stati,
Articolo pubblicato su Nòva il 12 febbraio 2017