Caro Luca,
ho pensato di scrivere alla tua interessante rubrica circa Scienza e Tecnologia e divulgazione.
La ricerca scientifica e lo sviluppo delle tecnologie sono due punti “forti” per lo sviluppo della società, da sempre. Antonio Gramsci (Quaderni dal carcere, 11, par.37, 1932-1933) scriveva “dell’uomo che elabora i suoi metodi di ricerca, che rettifica continuamente i suoi strumenti materiali che rafforzano gli organi sensori e gli strumenti logici (incluse le matematiche) di discriminazione e di accertamento, cioè la cultura, cioè la concezione del mondo, cioè il rapporto tra l’uomo e la realtà con la mediazione della tecnologia”. Ecco, tutti a respirare la stessa aria, tutti immersi nella condivisione di quegli stimoli che fanno nascere le idee.
Dalle idee alla sperimentazione, all’emergere dei dati per confermare o meno le ipotesi. Il rispetto per il dato riveste un ruolo fondamentale. Quel “dato” che è dimenticato quando troppo spesso si fanno affermazioni di impatto ma di poca sostanza. Oggi ci troviamo immersi in una grandissima quantità di informazione che, citando liberamente T.S.Eliot (1888 − 1965), compromette la conoscenza. La divulgazione della scienza e delle tecnologie, con rigore e con l’obiettivo di fare comprendere ciò che avviene nel campo della ricerca ad un “pubblico” amplissimo, diviene un passaggio importante e dovuto.
Le storie di scienza passano attraverso il racconto di donne e uomini che si esprimono attraverso la ricerca scientifica. Le idee, i percorsi, i risultati e le speranze. Qui, uno dei punti di forza della scienza è proprio la condivisione. Anche il più solitario ricercatore non può fare a meno di respirare ciò che succede intorno. La ricerca condivisa tra coloro che la praticano accomuna persone di diverse culture, Paesi e formazione, facendo dimenticare conflitti e interessi: è la condivisione delle intuizioni, dei sogni e dei risultati.
Il racconto delle cadute e delle risalite, alla Lucio Battisti, che portano alla “scoperta” è il grimaldello che apre la porta del mondo della ricerca al “pubblico”. L’esposizione della scienza, della ricerca e delle tecnologie, sia che avvenga con un libro o con il Festival della Scienza, offre la possibilità di conoscere le persone, dalle giovani ricercatrici ai giovani ricercatori fino agli affermati scienziati. Essere e anche sentirsi coinvolti disponendo di un telescopio puntato sul nostro futuro imminente. Credo che questo possa essere utile per la costruzione del senso critico e per l’innesco di quegli ingredienti importanti per la ricerca: la curiosità e l’entusiasmo. Quella curiosità che quando la provate vi fa entusiasmare. Curiosità e entusiasmo che svelano la meraviglia. E la curiosità e la meraviglia insieme, mi piace pensare e dire, fanno la passione; e la curiosità e la meraviglia insieme alla passione possono portare alla scoperta. La scoperta di qualcosa e, magari, di qualcuno. Questo scenario, vale la pena di ribadirlo, che da molta soddisfazione è il panorama di un percorso duro per il quale non vi sono scorciatoie e comprende un rigore che non contempla compromessi.
Alberto Diaspro
Istituto Italiano di Tecnologia, Università di Genova
Caro Alberto
Quello che suggerisci è importante per il merito e per il metodo. Anzi, si potrebbe dire che in un certo senso “il metodo è il messaggio”. Mi spiego. Nel contesto mediatico attuale si stanno sviluppando dinamiche che secondo qualcuno portano alla società della post-verità. Per gestire l’eccesso di informazione disponibile si usano algoritmi che, a quanto pare, spingono le persone a usare sempre fonti e generi di informazione che in passato hanno dimostrato di gradire, magari perché assecondano le loro opinioni preconcette, ma che non sono necessariamente di qualità. Questo fenomeno è accentuato, con effetto-palla-di-neve, dal fatto che le persone sono orientate a fare quello che fanno le altre persone: come notano numerosi studiosi, se un post ha ottenuto un “like” le probabilità che ne ottenga un secondo aumentano notevolmente. Si formano così delle “tribù” di persone che vivono mediaticamente in contesti nei quali trovano la gratificazione di opinioni simili alle loro ma non la sfida ad approfondire, a leggere criticamente. In questo contesto, come scrivi, la diffusione dell’informazione sui risultati della scienza trova terreno fertile soltanto se è accompagnata da una forte condivisione del valore del metodo scientifico, con il suo grande rispetto per i dati, la sua strutturale critica delle interpretazioni, la sua capacità di fare evolvere la conoscenza sulla scorta dell’esperienza fatta dall’intera comunità degli scienziati. Non si esce dalla post-truth senza un metodo come questo. E questa è la sola strada per decidere in modo sensato su temi civici.
Rubrica pubblicata sul Sole 24 Ore il 5 agosto 2017