La salute digitale by design

In una giornata dedicata alla medicina narrativa, all’Istituto Superiore di Sanità, sono stati condivisi studi, storie ed esperienze intorno alla relazione tra la cura e il racconto. Non si è discusso soltanto dell’evidenza che mostra quanto la dimensione narrativa sia parte integrante del risultato che si ottiene con la cura. Si sono anche analizzati i rischi e le opportunità dell’utilizzo della tecnologia digitale per la raccolta dei racconti e per l’analisi dei loro significati. E i risultati migliori sembra siano stati ottenuti nei casi in cui invece di usare piattaforme generiche per questo scopo, si sono usate piattaforme appositamente disegnate per la medicina narrativa. Piattaforme dunque attente al “setting” nel quale il paziente si trova al momento del racconto. E, ovviamente, piattaforme consapevoli degli enormi problemi di privacy che si devono risolvere per usare internet allo scopo di raccogliere dati sensibili dal punto di vista sanitario. Cristina Cenci, antropologa e fondatrice tra l’altro del Center for Digital Health Humanities, ha sviluppato con la sua organizzazione una piattaforma che si dimostra efficace al supporto della medicina narrativa, metodologicamente consapevole e rispettosa della volontà precisa ma anche della sensibilità implicita dei pazienti. Ed è questo il punto: fare piattaforme dotate di questa attenzione per gli utenti è possibile. In un periodo in cui gli umani si accorgono che gli strumenti digitali che hanno sviluppato possono creare dipendenze e disturbi anche gravi, questa esperienza dimostra che i difetti non sono nella tecnologia digitale ma nell’interpretazione che ne è stata data da una specifica cultura economica e tecnologica. Modelli di business fondati soltanto sulla raccolta e la rivendita di attenzione possono avere effetti collaterali negativi. Ma non sono gli unici modi con i quali si generano piattaforme. La medicina narrativa apre la strada a un nuovo design della tecnologia. Capace di tener conto delle sue conseguenze sulla salute.
Articolo pubblicato su Nòva il 4 febbraio 2018