Storytelling e storia, il giusto livello di ingenuità

In certi casi, Elon Musk sembra uno scrittore di fantascienza che abbia scelto la finanza per l’innovazione come target dei suoi racconti. La sua recente performance su Neuralink, seguita su YouTube da mezzo milione di persone, ha accennato ai risultati della sua azienda: dopo due anni di lavoro è in grado di provare i suoi nano chip da impiantare nel cervello per connettere direttamente i neuroni agli strumenti elettronici. Se si va sul sito dell’azienda per saperne di più si trova – mentre andiamo in stampa – soltanto il video dell’evento e un insieme di offerte di lavoro. In effetti, il contenuto più chiaro dell’intervento di Musk era stato proprio orientato a comunicare che Neuralink cercava i migliori talenti del mondo. E in effetti, non ci sono molti paper scientifici o documenti che possano spiegare che cosa abbia potuto fare su un tema tanto complesso la Neuralink. Mentre qualcosa si trova suquanto hanno fatto gli scienziati che attualmente si dichiarano affiliati a Neuralink. Per ora nulla che abbia conquistato enormi quote di citazioni visibili su Google Scholar. Ma è presto. E certamente ci sono modi più sofisticati per sapere che cosa stanno facendo i talenti che Musk è riuscito ad attirare al suo progetto. Quello che è successo, però, è che Musk è riuscito ancora una volta a trovare l’attenzione del pubblico che potenzialmente può investire nella sua iniziativa. Come gli è riuscito raccontando di colonizzazione di Marte, trasporti ultraveloci sulla Terra, automobili elettriche.
Al di là della sostanza scientifica dei suoi racconti, la loro credibilità è definita dal contesto culturale che interpreta: un contesto nel quale si avanza per “prova ed errore”, si percepisce iil valore finanziario della creazione di innovazioni dirompenti, si pensa prima a fare e poi alle conseguenze di quello che si è fatto. A tutto questo, però, Musk sa aggiungere una sensibilità per alcuni punti sensibili di questo approccio: sa rispondere al bisogno di sostenibilità che l’umanità deve fronteggiare, sa cavalcare il desiderio di esplorare e sa elaborare il sogno perenne della nuova frontiera, partecipa attivamente alla discussione sui rischi delle forme più avanzate di intelligenza artificiale che qualcuno si propone di costruire.
Resta il fatto che chi investe nelle sue avventure deve essere avvertito del fatto che il racconto di Musk è una, forse necessaria, semplificazione della realtà. Questi nano chip nel cervello dovranno dimostrare di funzionare tecnicamente, dovranno superare i test medici, dovranno essere analizzati dal punto di vista etico. Una macchina che connetta il cervello di una persona paralizzata con una macchina che in grado di consentire il movimento è chiaramente benvenuta. Ma se la stessa macchina è presentata per accelerare le funzioni cerebrali allo scopo di consentire al genere umano di competere con la capacità di elaborazione dell’elettronica dotata di intelligenza artificiale, entra in una discussione socio-culturale di portata piuttosto ampia. Quella macchina, esplicitamente proprietaria, farebbe gli interessi cognitivi di chi la usa o di chi l’ha progettata e venduta? La comunità umana ha bisogno di imparare a discutere preventivamente di questi argomenti.
Articolo pubblicato su Nòva il 21 luglio 2019