Secondo l’International Energy Agency (Iea), la produzione di energia elettrica con gli impianti eolici offshore può diventare un’industria da mille miliardi di dollari di investimenti nei prossimi vent’anni e può coprire una quota crescente della domanda globale di energia, ridurre drasticamente le emissioni di CO2, diminuire l’inquinamento dell’aria entro il 2040. L’agenzia calcola che tutto questo può accrescere la capacità di produzione di energia con questa tecnologia di quindici volte nel corso del prossimo ventennio. La massiccia diffusione di questa soluzione avverrà nel contesto di una diminuzione del 40% del costo di produzione di energia elettrica con l’eolico offshore entro il 2030. Il che si accompagna con l’analoga diminuzione del costo di produzione di elettricità con il solare. Cambiamenti tanto drastici hanno conseguenze dirompenti. Tra queste, ci potrebbe essere anche un rilancio dell’idrogeno come sistema di accumulo di energia.
In effetti, l’idrogeno ha conosciuto diverse false partenze e molti annunci troppo ottimistici in passato. Nonostante alcuni suoi chiari vantaggi, come la sua capacità di produrre elettricità con bassissimo impatto ambientale, la produzione di idrogeno è restata limitata, come di conseguenza il suo utilizzo. L’idrogeno si ricava dagli idrocarburi con una qualche efficienza, ma con costi elevati anche in termini di emissioni di CO2; oppure si ricava per elettrolisi dall’acqua, ma finora con un’immissione di energia molto superiore a quella che se ne trae a valle del processo. Il maggiore freno all’utilizzo di idrogeno, dunque, è stato finora il costo eccessivo di produzione.
Ma in un nuovo contesto nel quale abbonda la produzione efficiente di elettricità con eolico e solare, la questione cambia. Queste modalità di produzione di energia tendono a diventare sempre più valide dal punto di vista economico e continuano a presentare il difetto della scarsa stabilità della produzione: se le condizioni atmosferiche sono favorevoli, si produce molta energia, se non lo sono la produzione si ferma. Il che significa che nei momenti di grande produzione, l’elettricità di origine solare o eolica va accumulata per poter essere messa in rete nei periodi in cui la produzione scarseggia. Evidentemente si possono usare le pile, ma nonostante i progressi, questa soluzione presenta limiti apparentemente insormontabili. Senza contare il fatto che nei mezzi di trasporto, dall’auto agli aerei, le batterie rischiano di essere piuttosto pesanti e voluminose, oltre a richiedere lunghi tempi di ricarica. L’idrogeno, prodotto con il solare e l’eolico, può essere considerato una sorta di accumulatore di energia, utilizzabile quando manca il sole e manca il vento. E può diventare una soluzione indispensabile sugli aerei, almeno a largo raggio.
La Iea ha scritto nel giugno scorso che il 2019 può essere considerato l’anno del ritorno dell’idrogeno: perché si può dimostrare una prospettiva futura nella quale è credibile che la sua produzione e il suo utilizzo diventino non solo strategici ma anche economicamente convenienti nel corso dei prossimi vent’anni. Insomma: è tempo di recuperare una progettualità a base di idrogeno che per qualche tempo era stata accantonata. L’ambiente e l’industria se ne possono giovare assieme.