L'Italia della robotica

I robot che portano la spesa a casa dei consumatori. I robot camerieri. Il robot maestro di musica. Esistono e sono operativi, non a Silicon Valley: a Peccioli, in Toscana, a Rapallo, in Liguria, a Ravello, in Campania. Non sono casi isolati: sono espressione della ricerca e dell’industria italiana dei robot raccontate da Symbola ed Enel in un recentissimo rapporto che ne mostra l’importanza e la dimensione di livello mondiale. Tecnologie che però ottengono meno spazio di quanto ne conquisti un citono usato in campagna elettorale. Perché? E come si può migliorare la situazione?
L’ecosistema dei media è ovviamente in piena trasformazione: con le grandi opportunità si sviluppano preoccupazioni crescenti. La sfida tecnologica è ormai relativamente chiara: chi controllava la stabile struttura piramidale dei media analogici si trova in difficoltà nel contesto ribollente della rete nella quale la geometria è variabile ma la tendenza di fondo è quella che porta ogni categoria di servizio verso la concentrazione di risorse nelle poche grandi piattaforme. Niente impedisce di correggere il tiro. D’altra parte, la reintermediazione conseguente si è finora espressa in base a dinamiche di velocità, quantità delle informazioni e parcellizzazione del dibattito pubblico, perdendo di vista alcuni valori qualitativi. Ma non è detto che non si possa inventare qualcosa di meglio. E del resto, nell’immensità della rete, trovano spazio e ascolto, le notizie false, quelle banali, quelle interessate e quelle parziali. I sistemi automatici amplificano ciò che tira di più, indipendentemente dalla sua qualità. Le lamentazioni intorno a questi fenomeni sono più numerose dei tentativi di risposta operativi, giusti ed efficaci. E tra tutti i valori che si disperdono non c’è solo l’indipendenza, l’accuratezza e la verifica delle notizie: c’è anche il senso delle proporzioni, un valore meno citato ma altrettanto fondamentale. Perché si possono raccontare notizie vere con un’enfasi esagerata che alla fine genera la percezione di una realtà inesistente. Si costruiscono così i frame interpretativi che diventano strumenti per fare incontrare persone che condividono gli stessi pregiudizi, invece che lo stesso bisogno di sapere come stanno le cose.
Le storie di robot italiani sono un esempio eclatante di questa sproporzione. La gran parte del tema è chiaramente concentrato nelle tecnologie robotiche industriali e l’Italia ha installato – al 2018, secondo Ifr, World Robotics – 69mila robot industriali: solo Cina, Giappone, Corea del sud, Stati Uniti e Germania ne hanno di più. Eppure si citano più spesso i dati che segnalano il ritardo sull’uso delle tecnologie digitali in Italia, di quanto non si osservino i primati del paese. La sproporzione apre la strada a percorsi mentali e ideologici che hanno senso solo in realtà parallele, non corrispondenti al contesto nel quale si sviluppano le soluzioni sociali, economiche e culturali che costruiscono il futuro della popolazione. Per chi deve scegliere che cosa studiare, che lavoro tentare di fare, come pianificare la propria vita e come contribuire alla convivenza civile, tutto questo non aiuta.
Articolo pubblicato il 2 febbraio 2020 (02022020)