L'innovazione per curare la salute e l'economia

Alla fine, questa settimana ha cominciato a lavorare anche ufficialmente la task force di 74 esperti voluta dai ministeri dell’Innovazione e della Salute per migliorare le conoscenze necessarie a risolvere la crisi sanitaria, sociale ed economica legata all’epidemia. Lavorano per esplorare tutte le possibilità offerte dall’innovazione tecnologica che possano servire a modellare meglio le misure che servono alla gestione della crisi. Tutte le convinzioni che escludono le alternative sono una sfida per chi innova. E il processo innovativo è l’esplorazione di ciò che supera i limiti del possibile. 
È ragionevole: non si può semplicemente costringere un paese alla clausura senza preparare il percorso dell’uscita. In tutto il mondo le migliori menti statistiche, biotecnologiche, economiche sono impegnate per rispondere costruttivamente al problema. Ascoltarle e decidere in base al loro consiglio ha già creato un cambiamento: nelle piattaforme mediatiche il frastuono che sembrava inarrestabile delle false notizie, delle manifestazioni d’odio, delle banalizzazioni ideologiche, ha trovato un’alternativa nei messaggi ragionevoli e responsabili degli scienziati, dei tecnici e di chi ha l’umiltà di ascoltarli. Le persone che restano preda della paura non sono scomparse e c’è chi continua ad approfittarne. Ma lo spazio mediatico della scienza, il riconoscimento dell’autorevolezza delle persone che si impegnano a studiare prima di parlare, è diventato più evidente.
Ce n’era bisogno. L’innovazione non è il pianeta delle certezze. Ma ha ugualmente bisogno di fiducia. In questo tempo duro, occorre trovare soluzioni per un problema che gli umani non avevano mai dovuto affrontare. Un percorso ipotetico di uscita è stato tracciato in diverse sedi e lo riportiamo qui. Prima di tutto occorre sapere meglio dove sono i focolai e quanto sono grandi le reti infettate: i metodi possono essere campionari, possono fare uso di applicazioni per cellulari e altri sistemi di raccolta dati, purché siano usati nel rispetto delle elementari normative sulla privacy, come ribadisce il documento che spiega i compiti della task force. In secondo luogo, devono aumentare le disponibilità di test diagnostici, per conoscere chi ha il virus, fare tutto il possibile per curarlo ed evitare che infetti altri. In terzo luogo, generalizzare i test che cercano chi ha avuto la malattia e presenta gli anticorpi ma non è più contagioso, perché a quel punto può cominciare a vivere normalmente. Occorre inoltre stabilire, come ha suggerito sul Sole 24 Ore il rettore del Politecnico di Milano, Ferruccio Resta, che le fabbriche in grado di salvaguardare la salute dei loro lavoratori possano funzionare e i mezzi di trasporto siano utilizzabili in maniera contingentata ma efficiente. Intanto, gli aiuti pubblici, a partire da quelli europei, possono limitare licenziamenti e chiusure aziendali. E poi gli investimenti pubblici in innovazione, educazione, inclusione devono moltiplicarsi come primo passo verso una nuova resilienza. Può essere discutibile ma è un programma che almeno articola un percorso di uscita.
Infine, occorre dirsi la verità: se dovesse esserci una recrudescenza dell’epidemia, prima della scoperta del vaccino, occorrerà avere un’idea più articolata e razionale della semplice clausura generalizzata. Le stime sulla recessione sono già drammatiche. Come suggerisce l’Economist, il trade off tra salute delle persone e dell’economia motiva a cercare alternative. Innovando.
Articolo pubblicato su Nòva il 5 aprile 2020
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