Il Covid-19 continua a sfidare le capacità organizzative di qualsiasi paese, con enormi responsabilità per le leadership in termini di articolazione della visione e applicazione della consapevolezza morale. Nell’enorme trade off tra il contenimento dell’epidemia e il mantenimento in funzione dell’economia, le scelte da operare sono gigantesche. Chi è più preparato e resiliente reagisce meglio e ottiene risultati migliori: chi improvvisa registra problemi più grandi. In Italia, a questo punto, non c’è più molto tempo per concludere la clausura e preparare la graduale riapertura del paese. Secondo un sondaggi di Ixè il 66% degli italiani pensa che sia il momento di passare alla nuova fase e il 61% è disponibile a correre dei rischi pur di riavviare le attività economiche. Quali rischi? In sintesi, si passa dal contenimento generico dell’epidemia a un insieme di misure tese a ritagliare le azioni in modo da liberare le persone che non hanno probabilità di essere contagiate e aiutare in modo focalizzato chi ne ha davvero bisogno: il che significa che occorre un sistema di informazioni e azioni che consenta di riuscire a contenere l’epidemia, rilanciare l’economia, con il rischio che il numero di nuovi malati possa essere diverso da zero o che l’economia non riparta.
La prima operazione per ottenere informazioni mirate è la distribuzione di un’applicazione per smartphone che consenta di tracciare i contatti delle persone in modo che, appena qualcuno è trovato contagiato, viene avvertita tutta la rete delle sue relazioni. A quel punto, però, per chi viene così a sapere del suo accresciuto rischio di contagio deve scattare la possibilità di una visita seria immediata, un tampone, un test sierologico o quanto serve per prevenire ulteriore contagio. Naturamente nel frattempo, tutte le attività economiche sono gestite in modo da mantenere il distanziamento sociale e limitare al massimo la contaminazione. Non è facile. Ma niente è facile in questa vicenda. Specialmente in un paese che incomprensibilmente riesce meno di altri a distribuire e realizzare i test.
Del resto, anche la stessa applicazione è tutt’altro che un mero problema di ingegneria. Comunque non facile. La task force dei ministeri dell’Innovazione e della Salute ha analizzato più di 300 soluzioni che si sono presentate alla chiamata per idee e il processo di selezione ha condotto alla scelta dell’applicazione chiamata “Immuni”, contrattualizzata poi dal commissario Domenico Arcuri: si tratta di un software che viene scaricato volontariamente dai cittadini e utilizza il bluetooth per registrare sugli smartphone gli incontri ravvicinati; i dati restano pseudonimi tranne che nel momento in cui un medico diagnostica un malato e lo segnala al server centrale, rigorosamente pubblico; le specifiche sembrano essere compatibili con le linee guida europee per l’interoperabilità e la temporaneità del servizio, oltre che con i criteri stabiliti dal Garante per la protezione dei dati personali. L’applicazione deve essere terminata nelle prossime settimane, tenendo anche conto del fatto che le “api” (Application programming interface) che saranno messe a disposizione degli sviluppatori in tutto il mondo da Apple e Google, che controllano la stragrande maggioranza dei sistemi operativi per smartphone, non usciranno prima del 10 maggio, a quanto pare. L’applicazione dovrà comunque superare test significativi, data l’estrema delicatezza della tecnologia che entra nei rapporti sociali e nelle informazioni personali sulla salute, le più delicate per la libertà delle persone. La volontarietà dell’applicazione è essenziale, sia per la deroga alla privacy, sia perché i cittadini ne devono fare un uso consapevole. Da una ricerca pubblicata da Science sembra potersi dedurre che per rendere davvero efficace l’applicazione, il 60% della popolazione la dovrebbe scaricare e usare correttamente. Un obiettivo non ovvio, anche se una maggioranza enorme degli italiani, secondo Swg, non vede l’ora di avere una tecnologia del genere nella speranza che grazie a essa la clausura possa finire.
I problemi tecnici non sono banali, comunque. Il rischio di rilevare falsi positivi è elevato, visto che il bluetooth può, per esempio, attraversare i muri sottili e rilevare pseudo contatti che non sono davvero avvenuti. Inoltre il sistema non distingue tra gli incontri avvenuti all’aperto e quelli che si sono verificati al chiuso. Forse, gli incontri casuali, molto veloci, come quelli che avvengono incrociandosi per qualche secondo sul marciapiede, potranno essere eliminati specificando nel sistema che l’incontro deve durare un certo tempo. Ma niente in materia può essere davvero sicuro. Errori nella gestione della privacy e della sicurezza si potranno verificare, come è avvenuto in Olanda. Infine, Immuni si confronterà con altre applicazioni non ufficiali che nel frattempo sono state lanciate e con le soluzioni alternative proposte da certe regioni, come la Lombardia.