Il Senato americano ha respinto una proposta di riforma delle leggi sul controllo della navigazione in internet che consente all’Fbi di spiare nei computer di tutti per registrare i dati sulla cronologia dei siti visitati e ricercati online. La norma derivata dal Patriot Act, introdotto dopo l’attentato alle Torri Gemelle, ha reso possibile una spaventosa sorveglianza dei cittadini americani da parte delle agenzie di intelligence americane. Quelle norme sono state mitigate nel tempo ma non cancellate, nonostante siano stati messi in luce da Edward Snowden gli incredibili abusi che le autorità americane fanno di quelle leggi. Il Congresso insomma voleva che fosse abolita la possibilità di spiare sulla navigazione online senza mandato e senza diritto alla difesa. Il Senato ha impedito la riforma.
Quando si discute della privacy in Europa, per esempio commentando l’introduzione di una applicazione per il contact tracing allo scopo di aiutare le autorità sanitarie a contenere l’epidemia di Covid-19, qualcuno può avvertire un certo fastidio: come se la privacy fosse un’esigenza vagamente secondaria rispetto alle necessità della lotta alla malattia. Ma gli europei che alzano le spalle sulla forza con la quale le istituzioni europee tentano di salvaguardare la privacy, dovrebbero concentrarsi un attimo sulla condizione degli americani. Al di là dell’Oceano, il governo può entrare nei computer di ciascuno e registrare praticamente ogni attività che hanno svolto in rete. Non stupisce che questo sia stato introdotto in America dall’amministrazione più guerrafondaia dell’Occidente nell’attuale millennio, è incredibile che non sia stata corretta radicalmente dall’amministrazione guidata da Barack Obama, può anche stupire che l’attuale amministrazione che non cessa di denunciare il gigantismo dell’apparato statale americano si tenga stretto il gigantismo dell’apparato spionistico rivolto dalle agenzie di intelligence proprio contro il popolo americano. Il motto “prima gli americani” in questo caso non dovrebbe essere molto gradito all’elettorato che ritiene di dover ridurre il peso dello stato nella vita civica.
È ovvio che quando si forma un centro di potere assoluto, come è avvenuto con le agenzie di intelligence in America, è difficile farlo ritornare in un sistema di equilibri, come vorrebbe una costituzione democratica.
Ci si può domandare se in Europa il potere gigantesco assunto dalle autorità sanitarie in questi tempi di epidemia sarà restituito ai cittadini davvero alla fine dell’emergenza. L’afflusso atteso di denaro nel settore potrebbe far pensare che quel potere si stia per allargare ulteriormente. Ma se i cittadini europei coltiveranno un giusto orgoglio per la sensibilità che le loro istituzioni dimostrano nei confronti dei diritti umani, si adopereranno per controllare che la promessa temporaneità delle misure di controllo degli spostamenti introdotte per contenere l’epidemia siano davvero eliminate alla fine. E che lo stesso avvenga alle deroghe alle norme sulla privacy che attualmente consentono alle autorità sanitarie di conoscere nome e cognome di chiunque si sia trovato in circostanze che esse sospettano possano alimentare il contagio. Compreso per esempio la possibilità di richiedere alle Ferrovie i nomi di chi è andato in un Frecciarossa, viaggiando sullo stesso vagone utilizzato da una persona poi dimostratasi positiva al coronavirus. Anche queste deroghe devono essere temporanee. E i cittadini devono, orgogliosamente appunto, vigilare perché lo siano davvero.
Articolo pubblicato su Nòva il 17 maggio 2020