Da un articolo uscito su Nòva il 7 marzo 2021 e su 24+ intitolato: “A che cosa possono servire davvero i fondi del Next Generation Eu?” – Sono soltanto una spinta al prodotto interno lordo o un’occasione per fare progetti orientati ad avere conseguenze di lunga durata? Il criterio: non ci si concentra su ciò che è urgente ma su ciò che è importante
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Quali sono i criteri da seguire per usare bene i fondi Next Generation EU?
Il primo criterio per vedere un cambiamento è che la riorganizzazione delle grandi infrastrutture, del territorio, del patrimonio edilizio diventi visibile: si tratta di un tema che riguarda il riordino dell’ambiente nel quale si vive, la razionalizzazione delle connessioni in città e fuori, il miglioramento l’equilibrio idro-geologico, la riduzione degli sprechi di risorse energetiche e idriche e così via. Il tutto all’insegna dell’obiettivo di rendere l’Italia più accogliente e curata.
Il secondo criterio per valutare il successo del piano è che si mettano al lavoro molte persone, ovunque. Che ci siano molte opportunità di impiego decente per tutti coloro che restano indietro e che invece vanno inclusi. Proprio perché questo piano sia un rilancio della qualità della vita e della fiducia nel futuro. Con una riduzione della disoccupazione.
Il terzo criterio per comprendere se tutto questo avrà gambe per durare anche dopo la conclusione del mandato di questo governo è che le imprese innovative sentano di essere approvate e sostenute, nel quadro di regole ben chiare a garanzia della concorrenza, e dunque anche a sfavore di tutti coloro che eludendo le tasse, non pagando le fatture, scansando i diritti dei cittadini e dei lavoratori, imponendo anche con la violenza un loro potere, vincono economicamente contro chi segue la legge lealmente.
Il quarto criterio è che quello che si fa deve essere pensato per il futuro. Quindi si tratta di vedere l’emergere di una società che impara, dunque mette molto, molto in alto nella lista delle cose da fare la ricerca e l’educazione. Si tratta di vedere appalti e progetti fatti in modo da poter generare risultati di qualità destinata a durare nel tempo. Si tratta di organizzare il sistema della cura in modo che sia più capillare nel territorio, più resiliente, più digitale, meno concentrato sull’efficientismo dalle gambe corte, più connesso alla grande ricerca e nello stesso più aperto alle esigenze di tutti e non solo di quelli che possono pagare di più.
Il quinto criterio è quello che riassume tutti: gli investimenti dovranno generare risultati che attirino nuovi investimenti. I fondi del Next Generation Eu sono tanti ma non infiniti, consentono per qualche anno di aumentare le spese di un decimo del bilancio annuale dello stato: quando saranno stati usati dovranno lasciare dietro di sé un paese che gli investitori internazionali e italiani vorranno continuare a finanziare. Un paese insomma attraente. Per capitali e talenti.
Significa che non si tratta di spendere in macchine, cavi e cemento: si tratta di pensare prima di fare. Perché non basta più comprare tecnologie. Occorre concepire progetti. Sviluppare visioni.
Si dirà che questo è l’ennesimo libro dei sogni. E neppure tanto originale. Ma il punto è che si possono trovare i progetti ficcanti, quelli che si portano dietro gli altri, e che questo genere di progetti sono certamente quelli che nascono se si pensa seriamente a che cosa vuol dire la strategia centrale europea che è concentrata sulla qualità dell’ambiente, l’ammodernamento digitale, l’inclusione sociale, la stabilità finanziaria: se queste tecnologie e obiettivi non si trasformano in un contesto più attraente significa che non sono stati progettati bene. Ebbene: niente impedisce di progettarli bene. Serve però rifiutarsi al dominio di ciò che sembra urgente e invece scegliere di concentrarsi su ciò che è importante. Quelli bravi lo sanno.