I diritti digitali delle persone come base identitaria

Articolo pubblicato su Nòva – Il Sole 24 Ore il 9 ottobre 2022


Circa metà dei flussi internazionali di dati europei vanno verso gli Stati Uniti e viceversa, dice il Congressional Research Service americano. Si tratta di un riflesso essenziale del gigantesco sistema di scambi economici che intercorre tra Ue e Usa valutato in circa 7,1 mila miliardi di dollari, di cui almeno mille miliardi di commercio abilitato dalle tecnologie digitali, dice la Casa Bianca. La facilità con la quale i dati si trasferiscono tra le due sponde dell’Atlantico è dunque molto importante per le due grandi economie. Ma i diritti delle persone che generano quei dati devono essere protetti. Lo sono? Gli europei, da quasi un decennio, ne dubitano.

Le rivelazioni di Edward Snowden sulle intercettazioni di massa operate dalla Nsa americana e le cause legali portate avanti dal giurista austriaco Max Schrems hanno in effetti dato il via una controversia tra le istituzioni europee e americane che hanno dimostrato l’insufficienza degli accordi “Safe Harbor” e “Privacy Shield”. Quegli accordi dovevano garantire che i diritti degli europei alla loro privacy fossero rispettati anche quando i loro dati arrivavano in America. Ma così non era, come ha valutato la Corte europea.

Nel corso del 2022, americani ed europei stanno preparando un nuovo accordo che per ora si chiama “Trans-Atlantic Data Privacy Framework”. In linea di principio, tutto è chiaro. Ma le ultime importanti formalità si stanno compiendo in questi ultimi mesi dell’anno. L’obiettivo è arrivare a una nuova regolamentazione entro il 2022.

Il motivo per chiudere l’accordo è chiaro: l’economia lo richiede. Ma le difficoltà del processo restano piuttosto significative. Gli europei considerano la protezione dei dati personali un diritto degli esseri umani. Per gli americani è invece più importante la libertà di effettuare transazioni commerciali; la protezione dei dati personali è per loro più specifica e settoriale. L’adattamento alle reciproche sensibilità è del tutto necessario. Ma gli incidenti di percorso non sono stati irrilevanti nell’ultimo decennio. Talvolta alcune grandi piattaforme americane hanno dimostrato una gestione meno che attenta dei dati personali, come Facebook nel caso Cambridge Analitica. Talaltra le agenzie per la sicurezza americana hanno dimostrato la volontà di invadere la privacy indiscriminatamente. Al terzo tentativo, gli americani devono trovare il modo di arrivare a regole efficaci e non solo di facciata per soddisfare le esigenze europee, altrimenti ci si ritroverà da capo nell’incertezza. Probabilmente con la conseguenza di violazioni quotidiane delle regole, perché poi è difficile impedire davvero il trasferimento dei dati. E forse alimentando ulteriormente la tendenza delle piattaforme americane a costruire nuovi datacenter in Europa. Ma con il rischio che solo le aziende più grandi possano davvero adeguare i loro comportamenti alle leggi.

In una fase in cui le alleanze geopolitiche si riconfigurano a livello globale, la relazione di fiducia tra gli occidentali ha una rilevanza strategica. E il rispetto dei diritti della persona assume un’importanza identitaria.


Foto: “Spy Cam Surveillance Camera NSA Spying Hidden Video Recording Stop Watching Us. Pics by Mike Mozart of TheToyChannel and JeepersMedia on YouTube. #SurveillanceCamera #SpyCamera #SecurityCamera #NSA #VideoRecording #HiddenCameras #Spying #Hidden #Secret” by JeepersMedia is licensed under CC BY 2.0.