Questo articolo è stato pubblicato su Nòva, Il Sole 24 Ore, domenica 14 aprile 2024. Cory Doctorow sarà alla Biennale Tecnologia di Torino domenica 21 aprile 2024. English version below.
Cory Doctorow non si risparmia. È uno scrittore di fantascienza di successo, è un pioniere dei blog, è un attivista che si batte per la giustizia sociale e la salvaguardia dell’interpretazione aperta e libera di internet ed è un saggista che si dedica con attenzione straordinaria a comprendere le conseguenze delle norme che regolano la vita digitale. Chi lo incontra per la prima volta non può che restare profondamente colpito dalla sua disponibilità. E chi poi inizia una corrispondenza con Doctorow non può che restare a bocca aperta per la velocità con la quale riesce a rispondere ai messaggi di mail che riceve, pur essendo il suo indirizzo di posta elettronica pubblico e la sua fama quella di un personaggio di rilevante notorietà. In vista della sua conferenza alla prossima Biennale Tecnologia di Torino, ha trovato il tempo di parlare con Nòva, mentre si occupava del tour in California per la presentazione del suo nuovo romanzo, The Bezzle, il secondo della serie centrata sulle vicende del revisore finanziario forense Martin Hench. In preparazione dell’intervista, Doctorow ha confermato la sua visione profondamente critica ma costruttiva del mondo digitale che naturalmente vede come un ecosistema la cui evoluzione non è definita soltanto dalla dimensione tecnologica, ma piuttosto dalla complessità delle dinamiche sociali ed economiche sottostanti. E ha chiesto come un favore di essere per una volta esentato da domande sull’intelligenza artificiale, un argomento che considera «persino più stupido del bitcoin». Naturalmente, così è avvenuto: ma le motivazioni di questo giudizio sono indirettamente emerse nella conversazione. E si sono rivelate molto istruttive.
Doctorow rappresenta, in effetti, una versione contemporanea della cultura digitale originaria. Il web era nato come un bene comune. I valori degli scienziati del Cern di Ginevra – dove è stato progettato come sistema per facilitare l’uso di internet come strumento per la condivisione della conoscenza – si sono riversati nella cultura di chi lo ha adottato all’inizio dell’epopea digitale. Poi, lentamente, molto è cambiato. Nella seconda metà degli anni Novanta, la decisione dell’amministrazione americana guidata da Bill Clinton e Al Gore di deregolamentare le attività economiche che si sviluppavano sul web e conseguente accelerata commercializzazione della rete, attirò ingenti capitali finanziari e lanciò una fase molto diversa. Tra bolle speculative e grandi innovazioni, il valore reale della rete si è accresciuto, quasi cinque miliardi di persone si sono connesse, una decina di giganteste imprese hanno preso il controllo della gran parte della ricchezza generata in Occidente dalle attività digitali, i diritti delle persone che lasciano i loro dati in quelle piattaforme non sono stati particolarmente salvaguardati. Ma l’obiettivo di salvaguardare e coltivare quel bene comune del web non è certo scomparso. E che cosa vede Doctorow davanti a noi, da questo punto di vista?
«Uno scrittore di fantascienza non prevede il futuro come Nostradamus» dice Doctorow: «Cerca alternative». E un attivista? «Crede nella possibilità che l’azione umana possa realizzare l’alternativa più giusta». Mentre un saggista: «Studia le forze che facilitano il raggiungimento degli obiettivi». Quali forze? «Come dice Lawrence Lessig, è più facile che qualcosa succeda se è profittevole, legale, tecnologicamente possibile e accettabile secondo le norme sociali». Big Tech ha approfittato di queste regole, evidentemente. Possono riuscire a cavalcarle anche coloro che cercano di sviluppare una rete aperta, libera, interoperabile? Doctorow crede che la strategia dell’interoperabilità sia potentissima. Secondo lui, di fatto, diversi miliardi di utenti delle grandi piattaforme digitali si sono trovati intrappolati nella versione della rete definita dalle strategie di Big Tech. Ma la via della liberazione è chiara: immaginare le alternative, chiarirsi le idee su quali sono le possibilità più adatte per lo sviluppo umano, definire gli obiettivi e credere nella possibilità di fare qualcosa di importante per realizzarli. «Le leggi antitrust sono le regole fondamentali. Vanno fatte valere. Non soltanto per difendere i consumatori: ma anche per difendere i lavoratori e i cittadini. E intanto la società può lavorare per costruire la rete giusta: quella che si muove all’insegna del’interoperabilità». La chiave per ricreare una rete aperta e innovativa è che gli utenti possano sempre cambiare tecnologia. Il che avviene se nessuna tecnologia può chiudere i suoi utenti in uno spazio dal quale non possono uscire.
«È un obiettivo molto pratico» dice Doctorow. «La libertà degli utenti è una conquista possibile. Le Big tech non sono tanto sofisticate da avere messo in piedi un sistema di controllo delle menti insuperabile. Semplicemente si muovono molto velocemente. E questo mette in grandi difficoltà i propugnatori di alternative». La risposta di Doctorow è articolata: un’antitrust al servizio dei cittadini, un ecosistema di innovatori che trovano il modo di generalizzare l’interoperabilità, un nuovo sviluppo di corpi intermedi e sindacati. Perché non è la tecnologia a determinare il futuro. È la società, con le sue dinamiche profonde, che torce anche la tecnologia nella direzione che ha scelto di seguire. E questo vale anche per l’intelligenza artificiale.
Foto: “Cory Doctorow Harvard Bookstore14” by Katsoulis Photography is licensed under CC BY-SA 2.0.
English version (machine translation plus human control)
Cory Doctorow doesn’t hold back. He’s a successful science fiction writer, a pioneer of blogging, an activist fighting for social justice and the preservation of open and free interpretation of the internet, and an essayist who dedicates extraordinary attention to understanding the consequences of the norms regulating digital life. Those who meet him for the first time can’t help but be deeply impressed by his accessibility. And those who then begin a correspondence with Doctorow can only marvel at the speed with which he responds to the emails he receives, despite his email address being public and his fame that of a prominent figure.
In anticipation of his conference at the upcoming Turin Technology Biennale, he found the time to speak with Nòva while managing his tour in California for the presentation of his new novel, “The Bezzle,” the second in the series that tells the adventures of forensic financial auditor Martin Hench. In preparation for the interview, Doctorow confirmed his deeply critical yet constructive view of the digital world, which he sees as an ecosystem whose evolution is not defined solely by technological dimensions, but rather by the complexity of underlying social and economic dynamics. He requested as a favor to be exempted from questions about artificial intelligence for once, a topic he considers “even more foolish than bitcoin.” Naturally, this request was granted, but the reasons for this judgment indirectly emerged in the conversation and proved to be instructive.
Indeed, Doctorow represents a contemporary version of the original digital culture. The web was born as a common good. The values of the scientists at CERN in Geneva – where it was designed as a system to facilitate the use of the internet as a tool for sharing knowledge – flowed into the culture of those who adopted it at the beginning of the digital era. Then, slowly, much changed. In the second half of the 1990s, the decision of the American administration led by Bill Clinton and Al Gore to deregulate economic activities developing on the web and the subsequent accelerated commercialization of the network attracted significant financial capital and launched a very different phase. Amid speculative bubbles and great innovations, the real value of the network increased, nearly five billion people connected, a dozen giant companies took control of most of the wealth generated in the West by digital activities, and the rights of people leaving their data on those platforms were not particularly safeguarded. But the goal of nurturing that common good of the web has certainly not disappeared. And what does Doctorow see ahead of us from this point of view?
“A science fiction writer doesn’t predict the future like Nostradamus,” says Doctorow. “They seek alternatives.” And an activist? “Believes in the possibility that human action can achieve the fairest alternative.” While an essayist: “Studies the forces that facilitate the achievement of goals.” What forces? “As Lawrence Lessig says, it’s easier for something to happen if it’s profitable, legal, technologically possible, and acceptable according to social norms.” Big Tech has taken advantage of these rules, evidently. Can those seeking to develop an open, free, interoperable network also ride these rules? Doctorow believes that the strategy of interoperability is extremely powerful. According to him, in fact, several billion users of the major digital platforms found themselves trapped in the version of the network defined by Big Tech’s strategies. But the path to liberation is clear: imagine alternatives, clarify ideas about what are the most suitable possibilities for human development, define goals, and believe in the possibility of doing something significant to achieve them. “Antitrust laws are the fundamental rules. They must be enforced. Not only to defend consumers but also to defend workers and citizens. And meanwhile, society can work to build the right network: one that moves under the banner of interoperability.” The key to recreating an open and innovative network is that users can always change technology. This happens if no technology can lock its users in a space from which they cannot escape.
“It’s a very practical goal,” says Doctorow. “User freedom is an achievable conquest. Big Tech isn’t so sophisticated as to have set up an unbeatable mind control system. They just move very quickly. And this puts proponents of alternatives in great difficulty.” Doctorow’s response is articulated: antitrust serving citizens, an ecosystem of innovators finding ways to generalize interoperability, a new development of intermediaries and unions. Because it’s not technology that determines the future. It’s society, with its deep dynamics, that also twists technology in the direction it has chosen to follow. And this also applies to artificial intelligence.