Sandrone Dazieri si chiede che cosa accadrà ai blog di fronte all’alternativa di lasciare le discussioni aperte col rischio di dar spazio al rumore degli insulti e delle cavolate oppure di chiuderli con il rischio ben più alto di perdere occasioni di sperimentazione culturale. Il caso che gli offre spunto è la discussione esplosa recentemente sul blog di Domiziana Giordano. Ha ragione anche a dirmi che non può essere positiva una discussione che scade nella violenza verbale, come è avvenuto in quel caso. Perché la violenza non è positiva. E a maggior ragione quella che appare gratuita, ingiusta, assurda, come quella che ha investito Domiziana.
Penso che ci siano alcuni elementi su cui riflettere. Quella famosa discussione succede su piani diversi e per rispondere al dubbio di Sandrone non si può che ripercorrerli, per andare subito oltre:
1. La questione della configurazione del Nokia di Domiziana è stata lo spunto per fare emergere una sorta di – forse inconfessabile – senso di superiorità nelle persone che si danno come esperte di tecnologia rispetto a quelle che ammettono le proprie difficoltà. Ma questo non basta a spiegare.
2. Perché c’erano dei preconcetti più ampi che motivavano la reazione degli insofferenti: preconcetti derivanti dalla oggettivamente controversa partecipazione di Domiziana a un’edizione del terribile reality "L’isola dei famosi". La superiorità incofessabile diventava così accettabile in chi implicitamente la vantava perché si appoggiava a una supposta superiorità culturale: era legittimo rifiutare a una persona del mondo della tv più banale l’entrata, alla pari, nel mondo della vera comunicazione alternativa dei blog. Basta leggere le prime reazioni alla notizia del blog di Domiziana per rendersi conto che questo pensiero è passato spesso nella mente e nella tastiera di alcuni di coloro che da tempo erano online. Ma questo non basta ancora.
3. Non basta perché implicherebbe fermarsi di fronte a un orientamento "razzista", come dice Mimmo Cosenza, che se fosse confermato chiuderebbe la discussione nella sua inaccettabilità. Oppure finirebbe con la denuncia di una incompatibilità culturale segnalata da Maurizio Goetz. Questo genere di contrapposizioni può essere un dato di "natura" della cultura: nel senso che spesso i tratti culturali servono a costruire etnie che si definiscono identitariamente sulla base di una contrapposizione ai tratti culturali di altre etnie. Ma vogliamo pensare che i blogger originari, quelli che hanno cominciato perché essendo tecnologicamente avvertiti hanno capito per primi lo strumento dei blog, possano davvero pensare di tener fuori gli altri solo per questo? Oppure che possano pensare di avere il potere di ammettere per cooptazione nel mondo dei blog solo coloro che accettano di sottostare al loro diritto di prelazione? Non ci credo: non credo che pensino così. Li conosco personalmente e so che sono persone democratiche e molto intelligenti. Anzi, proprio per questo hanno cominciato a dedicare parte del loro tempo a un medium impegnativo: per lanciare un nuovo sistema di informazione, indipendente, critico, aperto.
Il loro obiettivo è il mio. E quello di molti che hanno cominciato da tempo a fare i blog. Sono sicuro che, proprio, per questo, l’asse della discussione vada spostato. Dalla contrapposizione culturale e dal sistema dei preconcetti citati alla vera priorità dei blog: la blogosfera ha successo se vince nel complesso; qui, valgono le persone e non i loro ruoli sociali; valgono le parole e i contenuti che portano agli altri sul blog e non la loro posizione mediatica generale. Non nego che se uno è famoso ha più probabilità di interessare di un altro. Ma le possibilità sono molto più aperte per tutti. E i fatti lo dimostrano. Luca Conti è molto più importante per la blogosfera italiana di Beppe Grillo. Del resto, anche Beppe Grillo – in quanto personaggio affermato e blogger "anomalo" – ha subito i preconcetti dei vecchi blogger.
Vogliamo andare avanti così o vogliamo andare alla sostanza?
Bene se vogliamo andare alla sostanza, l’unica strada è valorizzare le persone e non la loro maschera sociale. Solo così si possono connettere le esperienze che raccontano i vari blogger e costruire nell’insieme un nuovo medium dotato dei suoi anticorpi contro le informazioni false e della sua indipendenza contro le informazioni manipolatorie.
Se questo è vero, la questione delle differenze culturali che hanno motivato alcune violente discussioni, tra persone intelligenti si supera. Resta il tema dei vandali. Quelli che come dice Sandrone insultano, esistono solo in quanto fanno rumore, rovinano il senso della conversazione online e la ammorbano di sciocchezze. Ho l’impressione di ritenere che siano solo righe perse. Che nell’ambito della sperimentazione sia più importante che esistano i commenti piuttosto che non esistano. Ma credo anche che la conversazione vera, quella che resta, avvenga nei rimandi tra un blog e l’altro. Quando di fronte a un post, un altro blogger lo riprende e lo commenta sul suo blog, allora si prende tutta la sua responsabilità e ci mette tutta la sua identità online: è più credibile e impegnato. I commenti, penso, siano una sorta di sms per avvertire che ci siamo e che ci pensiamo, per mandarsi segnalazioni veloci e per darsi una pacca sulla spalla. Se qualcuno li usa per fare il violento, dà fastidio ma non lascia traccia. Se quel violento riuscisse a far chiudere i commenti avrebbe vinto. Come un terrorista che induca una democrazia ad abbandonare i diritti civili. Succede, purtroppo, ma se vogliamo contribuire alla convivenza civile, faremo meglio dove possiamo a non far vincere i violenti.
Accettiamo le conseguenze della sperimentazione. Grazie a Fabio Turel che concorda nel vedere ai confini delle culture il luogo dell’innovazione. E andiamo oltre.