Le gare per gli acquisti pubblici possono essere strumento di innovazione. La spesa pubblica può essere gestita in modo da contribuire alla domanda di soluzioni innovative. I format per farlo sono almeno due, come spiega la Commissione europea nelle pagine dedicate al mercato unico digitale:
1. l’”approvvigionamento pubblico di soluzioni innovative” si concentra su acquisti di materiali che hanno un contenuto innovativo e non sono prodotti in grande quantità ma che con la domanda pubblica possono migliorare in termini di costo e qualità (Public Procurement of Innovative solutions, Ppi);
2. l’”approvvigionamento pre-commerciale” può essere usato quando non ci sono soluzioni già pronte sul mercato ed è necessaria una certa spesa in ricerca e sviluppo per testarle e realizzarle, seguendo filoni di indagine e sperimentazione alternativi e tra loro concorrenziali, consentendo la riduzione del rischio di fare ricerca e prototipazione (Pre-Commercial Procurement, Pcp).
Con questi e altri strumenti orientati a creare domanda di innovazione, il settore pubblico in alcuni stati europei e americani sta già oggi contribuendo ad accelerare l’investimento in ricerche che possono spostare il limite del possibile, aiutando chi innova con la prospettiva di un fatturato a fronte delle soluzioni che crea. La necessità di innovazione in generale sta producendo vari schemi di finanziamento alternativi: il venture capital, per esempio, finanza molte startup; il crowdsourcing definisce l’esistenza di una domanda per alcuni prodotti prima che siano realizzati; il co-design ingaggia il pubblico nel processo stesso di definizione dei prodotti innovativi. E l’apertura alle idee innovative che le varie funzioni pubbliche possono dimostrare alimenta la progettualità di tutti. Ma un procurement pubblico che guarda al futuro può contribuire a costruirlo in profondità, precisando le risorse che offre alle innovazioni che riesce a sollecitare e incentivare.
Articolo pubblicato su Nòva il 29 giugno 2016