Ci vuole un po’ di immaginazione. Venti esperti, venuti dalle frontiere della tecnologia, fanno squadra a Palazzo Chigi per dedicarsi alla modernizzazione del paese: una mutazione antropologica annunciata per gli uffici della presidenza del Consiglio che saranno abitati anche da specialisti di big data, machine learning, open source, cybersicurezza, design di prodotto e user experience, sviluppo di applicazioni mobili, architettura del software. Accetteranno uno stipendio tra gli 80mila e i 200mila euro, spesso meno del loro reddito attuale. Ma avranno uno scopo. E vorranno raggiungerlo.
Tanto per parlar chiaro, saranno «veri e propri missionari», scrive Diego Piacentini, il commissario straordinario del governo per l’attuazione dell’agenda digitale, nel post su “Medium” col quale ha lanciato la ricerca dei supertecnici da assumere. Missionari perché saranno professionisti eccezionali, orientati al risultato, coscienti della difficoltà del compito, destinati a operare in un contesto paradigmaticamente diverso dal loro. Missione impossibile? Forse no. Ma di certo una missione attraente: quattro giorni dopo la pubblicazione del post, Piacentini aveva già ricevuto 2.300 candidature. Come ha spiegato a Nòva, non è un concorso pubblico ma una normale selezione del personale. Il suo obiettivo è arrivare a sentire personalmente cinque o dieci candidati per ognuna delle venti posizioni. E vuole scegliere presto. Perché di tempo, l’agenda digitale italiana ne ha già perso parecchio.
Il piano principale resta l’“Italia Login” studiato da Paolo Barberis, consigliere del premier. Se sarà ultimato i cittadini avranno la vita più facile. Sul loro profilo potranno trovare tutte le informazioni necessarie a interagire con la pubblica amministrazione, i cui vari uffici si coordineranno tra loro per minimizzare le operazioni richieste agli italiani. Per raggiungere questo obiettivo finora sfuggito ci vuole più concentrazione, bravura e comprensione di come stanno le cose di quanta ne abbiano dimostrato i precedenti responsabili. Il cui lavoro però non sarà buttato. «Partiamo da quello che c’è. Che non si distrugge. Si reindirizza» dice Piacentini. «Faremo una mappatura dell’esistente. Ci sono grandi eccellenze nelle aziende informatiche pubbliche. Valuteremo. Sceglieremo che cosa va rifatto. Punteremo su alcune linee guida fondamentali: rendere accessibili e interoperabili i dati, programmare i servizi in modo che siano prima di tutto utilizzabili con lo smartphone, garantire sicurezza e privacy…».
I dati. Forse un tempo il potere dell’amministrazione era controllare i dati generati dal proprio servizio. Domani il valore dell’amministrazione sarà dare potere ai cittadini mettendo a loro disposizione servizi resi efficienti dalla condivisione dei dati e dal machine learning. Il cambio è paradigmatico: il vecchio regime era concepito come digitalizzazione delle procedure burocratiche tradizionali; il nuovo sistema è prioettato verso la semplificazione del servizio ai cittadini e, per quanto possibile, l’automazione delle procedure.
Secondo Piacentini, i missionari potranno contare sul lavoro delle migliori aziende dell’informatica pubblica, una volta che il loro lavoro sarà reindirizzato e che il progetto si sarà dimostrato attraente e fattibile. Forse il commissario dovrà prima o poi pensare anche a incentivare chi collabora e disincentivare chi si mette di traverso. Ma per ora non si occupa di questo. «Forse sono un ingenuo, ma il codice dell’amministrazione digitale può diventare uno strumento operativo efficiente. E in ogni caso, se ci sono cose che non funzionano si possono cambiare». E aggiunge: «Non solo aggirare».
Le conseguenze di questa impostazione sono chiare. Primo, cambia la cultura di chi progetta e realizza i servizi pubblici, mettendo al centro la soddisfazione dei cittadini. Secondo, si sottolinea il valore della competenza e del “tecnical project management” per guidare a ragion veduta la programmazione entrando nel merito. Terzo, con l’interoperabilità dei dati si avvia un processo inarrestabile che supera il maggior difetto del sistema attuale, quello che impone ai cittadini operazioni ripetitive, complicazioni inutili, lentezze esasperanti.
Non è certo la prima volta che si annuncia un cambio di passo nell’agenda digitale italiana. Ma questa volta c’è meno grancassa e più esperienza di “cambi di paradigma”. Il che potrebbe ridurre il potere dei muri di gomma tradizionali: «Con grandi tecnici si possono superare molte barriere che di solito si frappongono sulla strada dell’innovazione nella pubblica amministrazione. Chi capisce a fondo la tecnologia non si ferma di fronte a chi obietta nei confronti di un progetto adducendo argomenti che riguardano, per esempio, la privacy o la sicurezza. Un grande tecnico riesce a dare soluzioni valide, senza compromessi sul piano della privacy e della sicurezza e tali da fare avanzare la realizzazione del progetto». Se i dati diventano interoperabili, le soluzioni possibili diventano davvero affascinanti. «A quel punto il limite è il cielo» dice Piacentini.
Ci vuole immaginazione. E fiducia. Anche perché, a qualcuno può venire in mente che il referendum del 4 dicembre potrebbe costituire una scadenza dirimente per questa missione. «Il referendum è dopodomani. La squadra sarà in via di completamento». Già: e poi? «E poi il nostro lavoro è scisso da qualunque risultato del referendum: andremo avanti fino a che qualcuno non ce lo impedisce». Ma forse a un certo punto la mutazione antropologica apparirà a tutti irreversibile.
Articolo pubblicato su Nòva il 9 ottobre 2016