La trasformazione dell’economia alimentata dall’internet è sotto gli occhi di tutti. Il vortice innovativo della rete ha coinvolto interi mercati, dalla musica ai giornali, dai viaggi alle banche, dalla ristorazione all’ospitalità. Al centro del sistema si sono formate cinque gigantesche aziende come Apple, Alphabet-Google, Amazon, Microsoft e Facebook: hanno scalato le classifiche delle aziende più capitalizzate, hanno liquidità sterminate, continuano a crescere e ad accumulare denaro: solo nell’ultimo trimestre hanno registrato insieme 25 miliardi di dollari di profitti. Ebbene ci si domanda se il loro potere non sia diventato troppo grande per l’equilibrio economico generale, se quei giganti continuino ad alimentare l’innovazione o se tendano a controllare troppo lo sviluppo del settore, se ci siano ancora potenziali competitori in grado di impensierire il loro primato. Il crollo di Snap in borsa, ieri, aumenta la preoccupazione: Snap offre gratuitamente online Snapchat – la popolare applicazione che serve, tra l’altro, per scambiarsi foto che spariscono quando tutti i destinatari le hanno viste – e spera in qualche anno di raggiungere una quota di affezionati e impegnati sottoscrittori tale da garantire buoni margini con la pubblicità. Ma la crescita degli utenti ha rallentato da quando il concorrente Instagram, di proprietà di Facebook, ha introdotto funzionalità simili a quelle di Snapchat e, potendo partire da una base di utilizzatori più grande, è andata più avanti della piccola concorrente anche sul terreno dell’utilizzo effimero delle foto sul cellulare. Il gigante sembra in grado di assorbire la concorrenza della piccola Snapchat. È la fine della concorrenza per la rete? L’Economist, in un recente servizio di copertina, ha proposto di riconsiderare le normative antitrust per aggiornarle di fronte alla nuova condizione competitiva specifica dell’epoca della rete e dell’economia dei dati: in un contesto nel quale tecnicamente prevale l’effetto-rete, la tecnologia più usata ha un valore immensamente maggiore di quello delle alternative. Ma chi pensa che l’innovazione in rete sia per questo finita sbaglia di grosso.
A Venice, Los Angeles, nella sede di Snap, pare che non siano molto preoccupati del tonfo di borsa di ieri. Del resto, quello che doveva fare, la quotazione di Snap lo ha fatto: ha reso ricchi i suoi fondatori e ha ingrassato le banche e le agenzie delle tasse. In effetti, la notizia più sorprendente è che le perdite accumulate da Snap nei primi tre mesi dopo la quotazione, in effetti, sono dovute per la maggior parte a due miliardi di “spese legate alla quotazione”, cioè bonus e tributi vari. Intanto, il business sembra piuttosto lontano dalla quadratura dei conti anche a causa di Facebook. Ma da Snap ricordano che tutti erano stati avvertiti: nel prospetto informativo pubblicato all’atto della quotazione, Snap aveva spiegato che un rischio era proprio la concorrenza del gruppo di Facebook e la possibilità che il grande social network copiasse le idee di Snapchat rallentandone la crescita.
In questo genere di vicende ci sono delle regolarità. E’ già successo che il mercato finanziario non ascolti le parole di saggezza degli imprenditori. Jeff Bezos, in piena bolla dot-com, aveva avvertito gli investitori che la sua Amazon aveva un valore inflazionato dicendo a un certo punto che non avrebbe investito i risparmi di una famiglia nelle sue azioni. Il crollo in borsa di Amazon avvenuto con l’insieme del mercato alla fine della bolla delle dot-com non ha impedito a quell’azienda di continuare a crescere per diventare il gigante attuale. D’altra parte, è giusto ricordare che pure Facebook ha fatto una strepitosa quotazione in borsa e ha perso molto valore nei mesi successivi, ma alla fine si è ripresa e oggi vale molto più di quanto valesse alla quotazione. Potrebbe avvenire anche a Snap e aglili altri competitori dei giganti?
La risposta alla fine è chiara. Il più grande conquista quasi tutto un mercato nel quale prevale l’effetto-rete: se ciò che definisce un mercato è l’elaborazione, la memorizzazione e la comunicazione di informazione, la tecnologia più usata ha un valore in sé superiore alle alternative e quel valore cresce esponenzialmente con il numero di nodi, come osserva la cosiddetta “legge di Metcalfe”. È molto raro in queste condizioni che un piccolo concorrente in un settore sia in grado di scalzare la leadership del più grande che controlla l’effetto-rete. Ma può succedere qualcosa di inatteso: che un’azienda inventi una nuova funzione e dunque crei un nuovo mercato del quale conquista la leadership. È il caso di Facebook che non è stata battuta dalla preesistente Google nel suo terreno dei social network; è il caso di AirBnb che non è stata battuta dalla preesistente Facebook nelle prenotazioni di stanze libere nelle case private; e così via. Insomma, la competizione in rete non è tanto sulle quoite di mercato, quanto sull’invenzione di nuovi mercati. Ebbene: o Snap inventa davvero una sua categoria di prodotto che crea un nuovo mercato nel quale è leader, oppure faticherà a competere contro Facebook. E l’antitrust deve aggiornarsi: se si occupa soltanto delle quote di mercato attuale sarà sorprassata dall’effetto-rete; se garantisce l’innovazione futura, la vera sorgente della competitività di un sistema, allora deve occuparsi di mantenere la neutralità della rete e l’interoperabilità delle piattaforme.
Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 12 maggio 2017