Chi ancora oggi osi dire che con la cultura non si mangia appare un primitivo. E lo stesso dovrebbe capitare a chi ancora dichiari che la «creatività è da fighetti». Si tratta invece del motore dell’economia della conoscenza (solidamente post-fordista) nella quale il valore si concentra sull’immateriale e dunque si moltiplica studiando, scambiando informazioni, educando, facendo ricerca, facendo design, curando la qualità, generando qualcosa che abbia un riconoscibile significato. Ebbene: esiste una “politica industriale” per l’economia della conoscenza ed è, appunto, la politica che favorisce la creatività, le industrie creative, la cultura e la produzione di beni culturali. Gian Paolo Manzella ne scrive nel suo recente libro, “L’economia arancione” (Rubettino, 150 pagine, 14 euro). E mostra come il tema sia passato dal superfluo al necessario in una decina d’anni, abbia superato la fase della moda à la Richard Florida, e sia approdato alla policy senza se e senza ma. Il ritmo è stato battuto nei paesi anglosassoni, ma l’Italia non ha mancato di reagire, seppure in modo disorganico. Modernizzando per esempio la spesa in cultura con l’art bonus ma tagliando gli investimenti in ricerca e università. Milano però ha dimostrato di saper lavorare su questo punto. Non solo perché il suo ceto “creativo” degli anni Ottanta ha finito per conquistare il potere nazionale nel ventennio successivo, come fa notare l’assessore Cristina Tajani commentando il libro nel corso della recente ArchWeek, ma anche perché le policy delle ultime giunte si sono rivelate particolarmente sofisticate: «L’approccio è chiaramente orientato a fare emergere i movimenti in una dinamica bottom-up. Il dirigismo non ha senso. E casomai speriamo che i movimenti che nascono nella società creativa crescano fino a elaborare le istanze che poi la politica dovrà realizzare». Tra l’altro connettendo creatività e innovazione sociale. Se ne discuterà all’Art Lab, organizzato dalla Fondazione Fitzcarraldo, la prossima settimana a Base, Milano.
Articolo pubblicato su Nòva il 18 giugno 2017