I ministri che si occupano dello sviluppo di Italia, Polonia, Germania e Francia, tra i quali appunto Stefano Patuanelli, hanno scritto a Margrethe Vestager, vice presidente della Commissione e capo dell’Antitrust europea, chiedendo di accelerare i tempi della promessa ridefinizione degli strumenti di contrasto alla superpotenza di alcune grandi compagnie digitali. Lo ha scoperto Politico – che non ha mancato di far notare come i ministri che chiedono più velocità alla Vestager abbiano esordito nella loro lettera con i complimenti per il nuovo incarico della Commissaria dopo ben due mesi dall’insediamento. Il crescente conflitto tra le istituzioni europee, in particolare tra gli stati e la Commissione, è sollecitato dai nuovi venti anti-liberali alimentati dal crescente potere della controversa amministrazione americana, ha nel Parlamento il suo punto di sintesi più probabile ma anche più debole, e non sembra dare indicazioni predittive a chi si interroga sul destino europeo nella competizione per l’intelligenza artificiale, i big data e le altre grandi tecnologie del momento.
Il tempo gioca a favore di chi ha accumulato un vantaggio nel tempo, almeno fino a che non c’è un nuovo salto di paradigma. Sulla raccolta di dati via web e applicazioni mobili, americani e cinesi sono avanti, dunque possono allenare le loro intelligenze artificiali meglio degli europei. Il prossimo salto di paradigma che potrebbe livellare il campo sarà tecnologico o normativo? Se fosse normativo potrebbe essere per esempio la piena applicazione del GDPR che di fatto, all’articolo 20, prevede l’interoperabilità tra le piattaforme online per quanto riguarda i dati personali, con il chiaro intento di rompere il lock-in del quale godono i giganti digitali. Ma perché questa interoperabilità si manifesti davvero occorre che si creino delle alternative: Vestager lo dice chiaramente osservando che se le compagnie europee vogliono diventare campioni globali devono migliorare la loro competitività. Perché il cambio di paradigma normativo si realizzi, in effetti, occorre che dal punto di vista tecnologico ci sia chi coglie l’opportunità introducendo qualcosa di nuovo e valido. Gli europei tentano di farlo in effetti nella robotica industriale e qualche possibilità ce l’hanno, specialmente se tradurranno questo vantaggio in prodotti anche rivolti ai consumatori. Inoltre, potrebbero pensare di fondare una risposta sul 5G che – per motivi geopolitici – sembra riaprire qualche spazio per i vecchi campioni delle reti digitali come Ericsson e Nokia a danno della leadership contestata di Huawei. Ma si tratta di veri salti di paradigma? Sui quali si possa giocare una partita totalmente nuova?
Forse la questione si deve spostare radicalmente. La nuova partita non si gioca su innovazioni autoreferenzialmente tecnologiche, ma sugli obiettivi delle innovazioni. La sostenibilità è un obiettivo che non si raggiunge seguendo semplicemente il corso del progresso tecnologico ma re-interpretandolo. Le Missions europee, pensate su ispirazione di Mariana Mazzucato, hanno proprio questo intendimento. Sono disegnate per aiutare tutti gli stakeholder operanti in sistemi complessi a co-disegnare la traiettoria dell’innovazione per temi ambiziosi ma d’impatto verificabile: per esempio l’evoluzione delle città in piattaforme di innovazione, neutrali dal punto di vista delle emissioni di CO2. Se ne comincia a parlare anche in Italia, anche grazie a un’iniziativa di Laura Zanfrini dell’università Cattolica di qualche giorno fa. Può essere un’opportunità enorme. E dotata di senso.
Articolo pubblicato su Nòva il 9 febbraio 2020