Equo o iniquo compenso di che? La memoria della Siae

La Corte di giustizia europea ha stabilito che non ci può essere alcun rapporto tra la lotta alla pirateria e il pagamento obbligatorio di una quota alla Siae per ogni acquisto di memoria elettronica. Ai tempi di Bondi, in effetti, la confusione era latente quando si davano le motivazioni della norma. Si diceva che il pagamento era un “compenso” ai detentori di diritti d’autore per le perdite dovute alla pirateria. Anche se chi parlava con più attenzione diceva che si trattava di un “compenso” per la “copia privata”: cioè un compenso per il fatto che qualcuno comprava un contenuto legalmente e se ne faceva una copia per non perderlo o per sentirlo in supporti diversi.

In tutti i casi è un pagamento che viene obbligatoriamente richiesto a chiunque compri qualcosa che contiene una memoria elettronica: un telefonino, una televisione, un computer, un disco esterno e così via. Viene richiesto anche a chi non usa mai quelle memorie per registrare contenuti soggetti a copyright, ma solo per contenuti che si è prodotto da solo: le sue foto, i suoi contatti, i suoi file, e così via. Viene richiesto anche a chi non fa mai uso di materiale piratato.

E’ pacifico che si debba chiedere di pagare il copyright a chi compra un contenuto autoriale. Ma per quale motivo lo dovrebbe pagare chi compra una memoria elettronica. Il rapporto tra memorie elettroniche e copyright non è diretto e non è automatico: la memoria si può usare per molte cose diverse dalla memorizzazione del copyright. Difficile ammettere che, come dice qualcuno, non sia una tassa: è una tassa perché la pagano tutti anche coloro che non devono compensare niente e nessuno perché non fanno nessun utilizzo di copyright.

Riassumendo: non può essere un compenso per la pirateria perché lo dice la Corte di giustizia. Non può essere un compenso per la copia privata perché molti non fanno copie private ma lo devono pagare lo stesso.

Quindi delle due l’una: o non è un compenso o non è equo.

In questi giorni il governo si sta occupando di decidere se aumentare, in certi casi del 500%, questo “compenso”. Con quale motivazione? Perché non è mai stato adeguato da tre anni a questa parte, si dice. Ma a che cosa dovrebbe essere adeguato? Non all’aumento della pirateria, non all’aumento delle copie private.

L’adeguamento è ai cambiamenti dei consumatori che hanno diminuito gli acquisti di computer e aumentato quelli di smartphone? Ma che cosa mai c’entra questo con il copyright?

Se il ministro della cultura si riferisce ai mondi dell’editoria, della musica, della cinematografia, sceglierà di imporre il balzello aumentato. Ma se la cultura è anche – e soprattutto – quello che i cittadini, le reti sociali, le persone maturano e generano con le proprie forze, memorizzando i risultati delle loro attività su supporti elettronici, facendo foto e attività culturali autogenerate, facendo musica per i fatti loro e sfruttando le grandi opportunità – culturali – offerte da internet, perché dovrebbero pagare di più alla Siae? La cultura non è la Siae. Il ministro non è il ministro della Siae.

Per scoprire di quali aumenti si tratta, vedi: NovaTech.