Tecniche anticensura

Il pezzo pubblicato qui è uscito sul Sole giovedì scorso. Nel frattempo è arrivata una notizia piuttosto allarmante, che dà pienamente ragione alle perplessità di Evgeny Morozov. Si direbbe che un esperto di sicurezza abbia facilmente trovato il modo di aggirare le soluzioni offerte dal software di Heap e che lo stesso software non sia più in distribuzione. Si spera che chi lo ha usato non sia nei guai: esattamente il pericolo segnalato da Morozov. (La notizia è su Technology Review)

Walid Al-Saqaf è un ragazzo relativamente noto. Ha costruito un
aggregatore di notizie online nello Yemen, è stato direttore dello
Yemen Times e reporter per il Wall Street Journal. Il suo destino è
cambiato un giorno in cui la sua ingenuità ha superato la sua
freddezza. «Fui chiamato dal governo per partecipare a un focus group a
Sana'a. Ammisi che i lettori del mio aggregatore, YemenPortal.net,
preferivano i contenuti critici a quelli favorevoli nei confronti del
governo. Pochi giorni dopo il mio sito fu bloccato dalle autorità». Per
questo, ha creato Alkasir. Un software per aggirare la censura
autoritaria dei siti di informazione. Richiede un'iscrizione e va
aggiornato spesso. Ed è consapevole dei vincoli culturali che un
software del genere deve fronteggiare nei paesi come il suo: niente
pornografia, per esempio.

Una storia diversa da quella di Austin
Heap. Il ragazzo californiano è diventato famoso negli Stati Uniti per
aver creato a sua volta un software contro la censura, distribuito in
Iran per favorire la libertà di espressione in quel paese: una storia
raccontata da Newsweek, New York Times e soprattutto dal segretario di
Stato americano Hillary Clinton.
Tutto cominciò la sera del 14
giugno del 2009. Il ragazzo, che aveva allora 25 anni, era intento a
sparare ai draghi su World of Warcraft, un popolare videogioco. Non
badava a quello che il suo amico gli diceva sulla rivolta degli
iraniani a seguito delle elezioni che ritenevano truccate. Solo
collegandosi a Twitter, più tardi nella notte, vide l'enormità di
quello che stava succedendo. E, come ha confessato a Newsweek, pensò:
«Ok, accendo il gioco».
La sua prima mossa fu abbastanza banale.
La gente nei paesi autoritari riesce a collegarsi liberamente a
internet se può usare un proxy server, cioè un computer non censurato
che filtra la navigazione e nasconde alle autorità il sito di
destinazione finale.
Heap cominciò dunque a pubblicare su un blog
gli indirizzi di computer predisposti per questa funzione. Il suo
servizio arrivò a 10mila utenti. Ma tra i lettori c'erano anche le
autorità iraniane. Heap pubblicava un indirizzo, qualcuno riusciva a
usarlo, ma poco tempo dopo veniva bloccato. Era una battaglia impari,
ma fu in quel momento che come in ogni videogioco, Heap trovò un
tesoro. Un tale che si faceva chiamare Quotemstr, lo invitò a scambiare
quattro chiacchiere online. Il tale si rivelò essere un ufficiale
iraniano contrario al suo governo e che lo voleva aiutare: gli inviò un
manuale sul software usato dalla censura iraniana. Heap sapeva come
usarlo. Perché era un programmatore già esperto. E realizzò, in un
mese, il software Haystack.
Non era il primo programma in grado
di contrastare i censori, visto che c'erano già Tor e Freegate. Ma le
autorità li conoscono e possono cercare di intercettarli: se riescono,
non trovano la persona che li usa, ma possono bloccare la
comunicazione. Haystack invece promette di nascondere non solo la
persona ma anche il traffico che genera: in pratica, mimetizza la
comunicazione che si vuole mantenere segreta in una nuvola di dati che
sembrano del tutto normali.
Non è noto come Heap sia riuscito a
ottenere dal governo americano il permesso di esportare il suo software
in Iran. Sta di fatto che lo ha ottenuto e che la prima a darne notizia
è stata, appunto, Hillary Clinton. Certo è che il governo americano ha
sostenuto l'iniziativa. Oggi la distribuzione di Haystack avviene con
molta prudenza, dice Heap, concedendone l'uso solo ai dissidenti
"certificati" e consentendo loro di distribuirlo ai loro conoscenti
fidati.
Certo, la battaglia tra censori e dissidenti resterà
interminabile. Nessuno può essere certo, dice ad esempio Evgeny
Morozov, dal suo blog su Foreign Policy, che il governo iraniano non
sia già in possesso di una copia di Haystack. E ci si potrebbe fidare
di più se Heap avesse una maggiore conoscenza del terreno, come,
appunto, Walid Al-Saqaf.
Sta di fatto che internet ha consentito
all'Onda Verde iraniana di farsi vedere in tutto il mondo. Ha forse
aiutato il governo iraniano a identificare chi protestava. Ma secondo
Ahmad Rafat, giornalista di Voice of America e autore di un libro sulle
proteste iraniane, visti i pro e i contro, la rete si è dimostrata
fondamentalmente preziosa. Chi la usa può ottenere ottenere un effetto
mediatico decisivo. Purché sappia che cosa sta facendo e a quali rischi
si espone.