La trasformazione del pc

Diminuiscono dunque le vendite di personal computer. Gartner segnala che nel primo trimestre del 2013 il mondo ha comprato 79,2 milioni di pc, una diminuzione dell'11,2% rispetto allo stesso periodo del 2012. Secondo IDC la diminuzione è addirittura del 14%, il peggiore crollo da quando l'istituto compie le sue rilevazioni, cioè dal 1994.

In effetti, chi si aspetta che dopo la crisi tutto tornerà come prima, probabilmente non legge la grande trasformazione che sta avvenendo.

In realtà, il personal computer non è più il centro di gravitazione dell'innovazione digitale da quasi vent'anni ma la trasformazione strutturale segue un percorso complesso. Le tappe del cambiamento potrebbero essere sintetizzate in tre fasi:

1. Dal 1980 al 1995, il personal computer trasforma l'informatica ed è alla testa del cambiamento. Rispetto all'epoca dei grandi mainframe, libera le capacità individuali, riorganizza l'ecosistema della produzione di applicazioni, scandisce il ritmo del progresso tecnico, in coerenza con la legge di Moore che raddoppia la capacità di elaborazione dei chip ogni 18-24 mesi a parità di prezzo e con l'espansione delle funzionalità del sistema operativo. Intel e Microsoft governano il processo. Alla metà degli anni Novanta l'uscita di un nuovo Windows o di un nuovo Pentium è un evento mondiale.

2. Dal 1995 al 2007, il mercato dei personal computer si allarga vistosamente, ma il driver è internet, non più il pc. La connessione alla rete aggiunge un straordinario valore d'uso al personal computer. L'ecosistema delle applicazioni non guarda più soltanto alle qualità del terminale e alle tipiche funzionalità del pc negli uffici (prevalentemente scrittura, calcolo, presentazioni) e nelle case (soprattutto giochi) ma anche alle opportunità aperte dalle esigenze emergenti degli utenti della rete (collaborazione, scambio di contenuti, ecommerce, e così via). Il ritmo dell'innovazione è scandito oltre che dai chip e dai sistemi operativi anche dalla velocità di connessione, fissa e mobile, alla rete, oltre che dal servizio always on.

3. Dal 2007, i terminali mobili acquistano una leadership culturale che attrae una quantità di nuove attenzioni, genera un nuovo ecosistema di applicazioni, ricentra l'accesso alla rete come forma di fruizione più che di produzione, consumerizza anche le attività informatiche lavorative, abilita una fioritura di forme che non cessa di stupire (dagli smartphone ai tablet e verso gli occhiali, gli orologi, le videocamere connesse e molto altro). Riqualifica i grandi server centrali, connessi però alla rete, offrendo capacità di elaborazione e memorizzazione immensa anche attraverso terminali relativamente piccoli.

In questo percorso, il personal computer è progressivamente spiazzato. Resta il migliore strumento per la produzione e l'elaborazione di contenuti, tenta di inseguire il trend della mobilità con i laptop e con la transitoria crescita dei notebook, presto spazzati via dai tablet, ma non ha la leadership culturale nel sistema dell'innovazione digitale. Il sistema operativo è utile, ma non fa sognare, come era riuscito a Windows 95. Casomai si adatta alla consumerizzazione e alla ricerca di design cui gli utenti si sono abituati usando tablet e smartphone.

Questo non significa che il pc sia un mondo finito. Semplicemente non è alla frontiera. Oggi nel mondo si vendono meno di 350 milioni di pc all'anno, in decrescita, come si è detto. Che non sono pochi.

Ma si vendono già 200 milioni di tablet, oggetti sostanzialmente nati nel 2010, e si vendono 919 milioni di smartphone (stime IDC). Tra l'altro, mentre i pc generano un valore aggiunto contenuto e suddiviso tra diversi produttori (in testa chip e sistemi operativi, molto indietro i costruttori e distributori), i tablet e gli smartphone garantiscono fortissimi margini per i produttori e dunque continuano a rinnovarsi ad alta velocità. Per adesso la leadership è in questo comparto.

Ma la storia non finisce mai. I terminali mobili riescono a soddisfare gli utenti nel consumo di informazioni e servizi, meno nelle loro attività produttive, anche se a questo aspetto sembrano rispondere molte applicazioni dalle funzionalità sempre più interessanti (per la fotografia per esempio). D'altra parte, i terminali mobili non si sviluppano in un ambiente neutrale, come invece avviene per i pc connessi alla rete fissa: significa che il potere dei produttori e degli operatori è molto grande, tanto che possono senza problemi bloccare le innovazioni che non gradiscono o che avvertono come concorrenziali con il loro business. Questo mantiene aperto uno spazio per le attività degli innovatori che hanno dimestichezza con il pc e che continuano a voler creare qualcosa di radicalmente nuovo.

Il centro della dinamica innovativa resta il bene comune del protocollo internet e l'apertura all'innovazione che garantisce. E chi lo interpreta meglio, nelle varie fasi del suo processo evolutivo, ha molte chance di conquistare una leadership culturale dalla quale emerge valore aggiunto. La diffusione di oggetti intelligenti che non sono terminali ma hanno funzioni innovative è una possibile nuova frontiera: in questo settore, ancora piccolo e poco visibile ma potenzialmente importantissimo, stanno operatori come Arduino, i produttori di sensori, esploratori del settore machine-to-machine. In questi spazi, per esempio, ci sono ampi margini di crescita e invenzione.

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  • carcass |

    è la solita storia, il tablet e smartphone sono accessori nuovi, adatti a fare telefonate e cazzeggiare un po,il pc lo usi per lavoro e gioco, il primo la cambi spesso, il secondo lo acquisti per durare, poi ce da dire che il pc è saturo, quando lo saranno anche i dispositivi mobili allora la faccenda cambiera, il pc non sara mai sostituito dal mobile, sarebbe come dire che la bicicletta sostuirebbe un’auto, i pc sono molto piu potenti, ci attacchi un numero alto di periferiche e sono aggiornabili, dopo 20 anni di crescita e normale che ci sia una flessione fisiologica
    saluti

  • revs |

    l’informatica casalinga è nata con il commodorre 64 nel 1982 , il multimedia con L’amiga 1000 nel 1985, dal 94 in poi solo oblio

  • Lorenzo |

    Il motivo è che la gente non cambia più tanto spesso il pc, come magari faceva una volta, ma se lo fa durare più anni possibile, cercando al massimo di cambiare qualche componente hardware.
    Io non rinuncerei mai alla comodità di uno schermo grande e, francamente, non capisco bene l’utilità dei tablet per chi ha già un pc e uno smartphone.
    Saluti

  • Giovanni Panzeri |

    Un quadro conciso e rappresentativo della storia del PC durante gli ultimi decenni. Mi permetto di suggerire una diversa coniugazione, passando more or less attraverso le stesse tappe temporali, ma osservandola con un altro criterio di valutazione.
    Prima della fase 1, esistevano i mainframe dove elaborazione e dati erano completamente centralizzati, e il punto di accesso era brainless. [Dati e la potenza di calcolo centralizzati].
    Il PC con la prima fase ha dato modo di distribuire sopratutto la capacità elaborativa, permettendo a chiunque di diventare un “developer”. [Dati e potenza di calcolo distribuita].
    Nella seconda fase l’interconnessione operata attaverso la rete ha permesso di convidivere una grande mole di dati, semplicemente replicando infinite copie sui vari PC. [Dati replicati e potenza di calcolo distribuita].
    Con l’ultima fase si tende a tornare al punto di partenza, perchè si tende ad evitare la replica dei dati sui vari PC portandoli al centro della rete. Ma lo stesso approccio viene esteso alla capacità elaborativa, con l’avvento del Cloud Computing. In poche parole il PC rischia di diventare il punto “brainless” di accesso alla rete, con richiesta di prestito di capacità elaborative e dati alla rete stessa. [Scenario di migrazione verso dati e potenza di calcolo centralizzata]

  • Ivo |

    Provate a programmare o a utilizzare un gestionale di contabilità o fare grafica avanzata con uno Iphone o un IPad….
    Per il mercato consumer il PC sarà inutile, ma un degno sostituto nelle azienda ancora non esiste.

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