Caro Luca De Biase
La recente sortita di Larry Fink, ceo di Blackrock, rilanciata pochi giorni fa dalle agenzie in occasione dei 30 anni di vita del più grande asset manager mondiale, non avrebbe potuto che provocare un’eco globale: la sensazione nel leggerla, al di là del privilegiato legame con il contesto economico statunitense, è quella di una sconfessione così perentoria ed impietosa da ricordare le tesi di Wittenberg. Volendo dar respiro a tale ardita similitudine, la battaglia contro la monetizzazione delle indulgenze, potrebbe essere paragonata all’abiura di Fink nei confronti delle politiche d’investimento a breve termine: quelle, per essere chiari, preoccupate solo dal nudo sopravanzo di cassa rispetto al trimestre precedente. Che i messaggi di Larry Fink declinassero già da qualche tempo in “chiave social”, è questione che certamente non sarà sfuggita agli operatori della finanza. L’avvisaglia di un radicale processo di revisione etica, si era apprezzata già con la serie di missive inviate dal ceo ai top manager delle varie aziende, finalizzate ad un’opera di suasion tutt’altro che scontata: con un’inedita forma di dialogo condiviso, Fink rimarcava la distinzione stessa del ruolo di Blackrock rispetto agli hedge fund noti, sostenendo come la natura a lungo termine degli investimenti tramite cui amministra gli interessi dei clienti, lo legittimava a sollecitare le aziende su strategie di più ampio respiro. Verrebbe da esclamare “meglio tardi che mai”, se non addirittura abbandonarsi a riflessioni sospettose verso la rinnovata strategia di un tale moloch finanziario, che non da oggi e non da solo è stato in passato stigmatizzato nella sua natura speculativa. Più probabilmente, siamo giunti ad un limite in cui la realtà non si concede più al passatempo delle interpretazioni: laddove amministrazioni troppo spesso distratte e lente non riescono ad affrontare le enormi sfide sociali e ambientali, sale spontanea una richiesta di supplenza verso il mercato. Se provassimo a tracciare la genesi di questo percorso, dovremmo risalire al 2013, con l’istituzione della Social Impact Investment Tasksforce in ambito G7 e la pubblicazione, nell’anno successivo del rapporto “Il cuore invisibile dei mercati”. Quell’avventura, quasi pionieristica, ha gemmato oggi un vero e proprio movimento globale, coordinato dal Global Steering Group for impact investment, che annovera decine di paesi aderenti, tra cui l’Italia, che ho il privilegio di rappresentare attraverso la Social Impact Agenda. L’obiettivo del GSG è ambizioso: far arrivare il mercato degli investimenti ad impatto a un punto di svolta, per affermare così un nuovo paradigma che superi la dicotomia rischio-rendimento, incorporando strutturalmente nelle scelte di investimento la dimensione dell’impatto sociale, generando una rivoluzione copernicana nel fare finanza. Non stupisce, quindi, che oggi Blackrock faccia ricorso ad espressioni come “dimostrare l’impatto sociale” e “dimostrare il contributo positivo dato alla società”. L’auspicio è che temi così fondamentali possano riecheggiare anche nelle piazze di questa nostra campagna elettorale, diventando “politica” per chi avrà il difficile onere di governare. Con passione ci siamo impegnati, affinché nascesse anche in Italia un Fondo per l’innovazione sociale che, al pari di altri Paesi, funzionando come un Outcome Fund, possa accelerare la diffusione di Social Impact Bonds anche in Italia. E con favore, guardiamo oggi al rapporto finale della ”high-level task force on investing in social infrastructure in Europe” presieduta da Romano Prodi, che prevede un piano di 150 miliardi di investimenti pubblici e privati a sostegno dell’infrastruttura sociale europea, e riconosce alla Cassa Depositi e Prestiti il ruolo di guida italiana al processo. Insomma, alla luce del progressivo scollamento tra economia ed istituzioni, sembra indispensabile trovare formule innovative e concertate di coinvolgimento del mercato, che possano scongiurare il soccombere delle pubbliche amministrazioni sotto il peso di un welfare ingestibile, evitando nel contempo il rischio che in questo così dirimente ambito la finanza decida di “ballare da sola”.
Giovanna Melandri
Presidente Human Foundation e Social Impact Agenda per l’Italia
Cara Giovanna Melandri
I tempi stanno cambiando. Da talmente tanti punti di vista, che alcuni di questi sono persino molto positivi. Come quelli citati nel suo messaggio.
Rubrica pubblicata sul Sole 24 Ore il 3 febbraio 2018