Il cambiamento climatico è in corso. E i modelli previsionali indicano che continuerà: la temperatura aumenta, le pioggie cambiano, i ghiacci si sciolgono, il livello del mare si alza. Questo insieme complesso di fenomeni può essere mitigato con energiche e convinte azioni lungimiranti da parte della specie umana, che da questo punto di vista si dimostra purtroppo meno intelligente di quanto si creda. Oppure, l’umanità può adattarsi al cambiamento, man mano che si manifesta. Lo può fare pensando d’anticipo e cercando di cogliere le opportunità offerte dal cambiamento, oppure lo può fare quando è troppo tardi, leccando le ferite sociali ed economiche che l’inazione inevitabilmente genererà. Secondo la European Environment Agency, anche le migliori pratiche di mitigazione non annulleranno il cambiamento climatico già avviato, quindi una parte di adattamento è inevitabile. Anticipare almeno questo potrebbe essere utile, conveniente e relativamente innovativo.
L’adattamento avverrà cercando di costruire condizioni di vita resilienti rispetto al cambiamento climatico. L’Ocse ha raccolto le indicazioni di policy più avanzate per investire nella resilienza. Si tratta di: modificare le infrastrutture, a partire da quelle energetiche; difendere le coste dall’erosione; gestire la disponibilità e la dislocazione dell’acqua dolce; modificare le pratiche dell’agricoltura, e molto altro. Sempre secondo l’Ocse, l’Italia è tra i pochi paesi avanzati che non hanno ancora pubblicato una strategia in materia di adattamento anticipato al cambiamento climatico. Sono casomai le sue aziende che cominciano a investire per l’adattamento, a partire dall’Enel ma andando anche a una certa quantità di medie compagnie più lungimiranti. Del resto, il grosso dell’adattamento sarà comunque sulle spalle della società civile. Che non è molto preparata, non solo in Italia ma ovunque.
Non c’è molto tempo da perdere. Un aiuto può certamente derivare da una maggiore informazione sulle responsabilità umane per la generazione dei fenomeni. Il World Weather Attribution sta cominciando a operare per informare sull’attribuibilità agli umani dei singoli fenomeni climatici: se la risposta è positiva, possono essere intentate cause contro i colpevoli di inazione. Le cause per questo genere di questioni si stanno in effetti moltiplicando, segnala un articolo di Nisha Gaind recentemente pubblicato su Nature.
Un’inchiesta pubblicata dalla Technology Review dell’Mit mostra come la società tenda a procrastinare l’impegno in materia di anticipazione dei fenomeni climatici e spesso rifiuti anche di adattarsi, nella convinzione che prima o poi si tornerà alla normalità. Ma il punto è che la normalità è cambiata e non tornerà come prima.
La Commissione Europea ha adottato una strategia per l’adattamento già nel 2013. Gli stati membri l’hanno accettata. Ma non molto di noto ed eclatante è stato fatto. La strategia era peraltro molto orientata a sottolineare la necessità di una certa solidarietà tra gli stati membri per sostenere l’adattamento nei paesi più esposti al cambiamento climatico. Purtroppo anche il clima politico è cambiato. Ma per questo clima, al contrario di quello ambientale, si può trovare il modo di invertire la rotta.
Articolo pubblicato su Nòva il 14 luglio 2019