Immuni per il tracciamento

Immuni. L’aggettivo che qualifica coloro che hanno superato il rischio epidemico è diventato il nome di uno degli strumenti che, si spera, aiutino gli italiani a organizzarsi fino al raggiungimento dell’obiettivo. Compito complesso che per riuscire avrà bisogno di visione e coordinamento tra governo, regioni, task force e organismi tecnici, più di quanto si sia visto finora.
Immuni, dunque, è l’attesa applicazione da installare sui telefoni mobili che è stata scelta per il tracciamento degli italiani, a supporto delle politiche di contenimento dell’epidemia. Da giorni l’informazione circolava, ma l’ufficialità è arrivata oggi. Ha sorpreso che l’annuncio sia giunto con un’ordinanza del commissario Domenico Arcuri. Che peraltro ha preceduto l’approvazione della task force presieduta da Vittorio Colao.
Niente di che. In effetti ci si aspettava che un’informazione così importante fosse compito del premier Giuseppe Conte. E anche per questo nelle ultime settimane non ne avevano parlato i ministri della Salute e dell’Innovazione, la cui task force aveva selezionato le applicazioni candidate. Arcuri ha dovuto sciogliere le incertezze per firmare il contratto col quale dava il via libera agli sviluppatori per finire, gratuitamente, il codice di Immuni.
Guida il team di sviluppo la milanese Bending Spoons, fondata da Francesco Patarnello, Luca Ferrari, Luca Querella e Matteo Danieli, società che non fa dell’understatement la sua cifra per la comunicazione. Ha conquistato attenzione in passato per aver prodotto quitz per telefoni mobili di grande successo e per avere tra i soci nomi come Luigi, Eleonora e Barbara Berlusconi, Tamburi e Nuo Capital. Collabora Jakala, società di marketing fondata da Matteo e François de Brabant, tra i cui soci ci sono Renzo Rosso, Paolo Marzotto, Giuliana Benetton, Mediobanca. Partner dell’iniziativa il Centro Medico Santagostino.
Che cosa fa Immuni? Chi la installa viene avvertito se negli ultimi giorni ha passato un po’ di tempo vicino a una persona poi risultata positiva a un test per il Covid-19. L’informazione gli arriva perché il telefonino, se il bluetooth è acceso, registra gli incontri ravvicinati con altre persone che hanno installato la stessa applicazione e tenuto acceso il bluetooth. Quando una persona fa un test e viene definita positiva, il medico avvia la procedura e tutti gli interessati vengono informati. Nella speranza che a loro volta possano andare a fare un test. Il tutto  serve alla “fase due”: dopo la clausura generica decisa per un primo contenimento dell’epidemia, nel pieno della conseguente devastante recessione, si avvia una strategia di contenimento mirato, nella quale alle persone che non hanno probabilità di aver contratto il virus è consentito di riprendere le attività mentre gli interventi si concentrano su chi rischia di più. Il tracciamento, insieme a un massiccio ricorso ai test sierologici e ai tamponi, può aiutare a distinguere le aree del paese e le persone da liberare. La privacy è garantita dall’architettura dell’applicazione e dalla volontarietà dell’installazione. Ma come si calcolava in un articolo pubblicato da Science, un’applicazione del genere diventa utile se almeno il 60% della popolazione la installa e la usa correttamente.
Mentre, dunque, l’Italia si prepara a convincere 30 o 40 milioni di persone a installare Immuni,  la Regione Lombardia lancia la sua applicazione, con specifiche tecniche meno ambiziose ma concorrendo con lo stato per la conquista dell’attenzione. In effetti, AllertaLom, l’applicazione lombarda, non fa che diffondere un questionario che le persone devono compilare: in base a quelle informazioni l’organizzazione sanitaria prenderà provvedimenti per il contenimento mirato. L’applicazione italiana genera invece un tracciamento automatico, segue le specifiche indicate dalla Commissione europea, è stata approvata dalla task force del governo ed è compatibile con le indicazioni del Garante della protezione dei dati personali: perché è volontaria, verrà smantellata appena finita l’emergenza, prevede che i dati registrati siano collegati all’applicazione ma non alla persona che resta coperta da uno pseudonimo, mentre i numeri che distinguono il telefono sono criptati. Resta aperta la possibilità che il coordinamento delle informazioni sia affidato a un server centrale, pubblico, al quale i singoli telefoni manderebbero le loro informazioni. E non è escluso che con un ulteriore sviluppo venga incluso anche il tracciamento della localizzazione delle persone con il Gps, per ora evitato anche per motivi di privacy.
Il tracciamento era stato proposto fin da fine febbraio, dall’economista Carlo Alberto Carnevale Maffè, dal tecnologo Alfonso Fuggetta e altri. Era stato sostenuto, in tempi non sospetti, dal manager, non ancora presidente della task force per la “fase due”, Vittorio Colao. Nel frattempo, l’Europa ha sviluppato le sue linee guida. Google e Apple, hanno offerto la loro collaborazione per rendere la vita più facile alle applicazioni di tracciamento. Per gli inizi di maggio, l’applicazione italiana dovrebbe essere pronta. Intorno al 10 maggio dovrebbe incrociarsi con le specifiche di Apple e Google. Per allora, ci si aspetta che venga preparata una strategia di lancio ordinata. L’informazione dovrà essere rilanciata al massimo livello istituzionale con una comunicazione che serva a convincere decine di milioni di italiani. Il coordinamento potrà migliorare.
Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 18 aprile 2020