Il voto elettronico è un esperimento piuttosto pericoloso per la democrazia

Da un articolo uscito su Nòva e 24+, servizio in abbonamento.
Tra qualche tempo, se nel giorno delle elezioni un cittadino si troverà all’estero o lontano dal suo seggio elettorale, e se lo avrà preventivamente richiesto, potrà partecipare alla sperimentazione del voto elettronico via internet usando un’applicazione appositamente predisposta per il computer o il telefono dotati di uno dei browser più utilizzati. Il 9 luglio scorso il governo italiano in effetti ha approvato l’avvio della sperimentazione, con lo stanziamento di un milione di euro per predisporre l’infrastruttura necessaria, seguendo le linee guida scritte da una task force sui cui lavori non sono disponibili verbali o documentazione consultabile.
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Le linee guida prevedono che esista un’infrastruttura centrale del sistema elettorale e che questa sia gestita da personale autorizzato. Poche persone per tutto il paese opereranno nel giorno delle elezioni a governare il processo, mentre il sistema informatico sarà valutato prima delle elezioni da un’autorità indipendente e dai funzionari preposti alla sicurezza cybernetica nazionale. Se i responsabili del sistema vedessero anomalie o intrusioni sospette dovrebbero informare immediatamente “l’amministrazione elettorale”, responsabile della disponibilità, affidabilità, sicurezza e utilizzabilità del sistema di voto elettronico. E questa amministrazione dovrà comunque rimettersi ai tecnici per valutare la situazione. È dunque stato disegnato un nuovo centro di potere, non indipendente dal governo, capace di concentrare le operazioni di controllo delle elezioni. Il ministero dell’Interno e quello della Transizione digitale hanno operato questa scelta. Senza peraltro specificare con quali indicatori si definirà il successo o l’insuccesso della sperimentazione.

E senza spiegare come contano di vedere applicato questo sistema quando al governo dovessero – per assurdo e malauguratamente – essere eletti partiti che non mettono al primo posto la qualità della democrazia.

Ma per l’Italia, dove il rischio di voto di scambio è proporzionale all’importanza della politica nella vita economica dei cittadini, si prospetta un altro scenario da incubo. Che cosa succederebbe se un boss volesse controllare il voto di una parte consistente della popolazione della sua città e facesse sapere in giro che se gli elettori si presenteranno in un certo posto, in una città diversa dalla loro, a una certa ora, avendo chiesto l’abilitazione a votare elettronicamente, offrirebbe loro una ricompensa qualora mostrassero a un suo incaricato il loro telefono nel momento in cui votano secondo le sue indicazioni? Sarebbe il voto di scambio 4.0. E non è chiaro come si possa evitare.