La società apprende nelle crisi, se i media sono progettati perché ciò avvenga

Da un articolo uscito su Nòva e 24+, servizio in abbonamento.
Di fronte alle crisi, le opinioni si dividono tra coloro che si domandano come si sarebbero potute prevenire e quelli che si chiedono come rispondere. In generale, si può forse dire che prevenire le crisi è molto più impegnativo e molto meno appagante, per chi comanda: infatti, quando le società si trovano nei guai sono grate a chi le aiuta, ma non sempre sono in grado di riconoscere il valore delle scelte che hanno evitato loro di andare in crisi. Sicché si finisce col soffrire di più del necessario. È un paradosso che deriva dalla mancanza di immaginazione e dalla, tipicamente, scarsa attitudine a pensare i futuri possibili.
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La responsabilità di chi disegna la struttura dei servizi internet è molto più grande di quella che si limita a soddisfare il committente. In realtà, il punto di riferimento per valutare il successo di un servizio internettiano non è che il cliente sia disposto a pagarlo, ma che gli stakeholder implicati nelle conseguenze di quel progetto siano tutti arricchiti, almeno dal punto di vista esperienziale. Il bene comune, in questo senso, coincide con la funzione di ogni struttura mediatica di contribuire non solo alla circolazione dell’informazione, ma anche alla qualità della conoscenza che essa sviluppa e diffonde: l’apprendimento non avviene nel momento in cui un’informazione è scambiata, ma quando questa ha modificato, migliorato, educato, una persona o una società, liberandone le capacità creative e operative. In tutto questo non vale solo l’immediata trasmissione di informazione, ma anche la strutturale disponibilità di conoscenza, la sua applicabilità alla vita quotidiana, l’ispirazione che genera per l’immaginazione di futuri possibili.