Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 25 settembre 2022
Guido Tonelli è uno dei fisici che ha contribuito alla dimostrazione sperimentale del bosone di Higgs, uno dei risultati più straordinari della ricerca sulle particelle che compongono l’universo. Dal palco del Festival della Comunicazione di Camogli, un paio di settimane fa, sosteneva che la scienza sta per arrivare a scoperte ancora più grandi. Di fronte a questo ottimismo, dal pubblico, altri scienziati manifestavano qualche perplessità, per gli ostacoli che si potrebbero frapporre al progresso scientifico in una società sempre più divisa, rabbiosa, sospettosa, oscurantista. Telmo Pievani, alla Fabbrica del Mondo, festival di Montegrotto, a inizio settembre, aveva osservato che nella temperie sociale e politica contemporanea è comprensibile che gli scienziati si sentano spesso incompresi o ingiustamente presi di mira. Eppure, nelle crisi estreme che gli umani stanno affrontando – la pandemia, la guerra, l’emergenza climatica ed energetica – la società si è rivolta alla scienza per prendere misure immediate e per trovare soluzioni innovative. In questo contesto, una riflessione sul ruolo della scienza nella società contemporanea è necessaria.
Il rapporto “Science, research and innovation performance of the EU 2022”, della Commissione Europea, uscito a luglio, si apre con un dato che potrebbe fugare un po’ di dubbi: l’86% dei cittadini europei pensa che l’impatto della scienza e della tecnologia sia positivo. Sta di fatto, però, che il restante 14% sembra fare molto più rumore. In effetti, il contesto mediatico attuale non è incompatibile con la diffusione di pensieri anti-scientifici. Anzi, molti sostengono che li favorisca, incentivando emozioni forti piuttosto che ragionamenti controllati. Ma la tenuta della società ha bisogno di conoscenze attendibili. Quell’insieme eterogeneo ma sensato di pratiche e teorie che si chiama “metodo scientifico” resta il modo migliore per avanzare nella conoscenza e verificarne i risultati. L’uscita sul mercato in poco più di un anno di un paio di vaccini innovativi e altamente efficaci dovrebbe esserne una dimostrazione. Ma nei media sociali la ragione si confronta ogni minuto con la paura: la libertà è in conflitto con la manipolazione, il potere si maschera con l’efficienza, la generosità si alterna all’interesse. E comprendere come stanno le cose è sempre più difficile. Chi vincerà il dibattito del secolo tra la Ragione e la Paura?
La questione ha una storia lunga, ovviamente. Ma negli ultimi decenni si è saldata ad alcune delle sfide più importanti per l’umanità. Enrico Pedemonte ne scrive nel suo ultimo libro: “Paura della Scienza” (Treccani 2022). Entra nel tema con la fiducia che gli viene dalla sua formazione di fisico, lo attraversa con il disincanto programmatico che ha coltivato nella sua esperienza di giornalista scientifico, ne esce con la sensazione di essere entrato in un labirinto che, come nel “Nome della rosa” di Umberto Eco, può essere risolto o finire in un incendio.
Pedemonte visita il Creation Museum nel mezzo degli Stati Uniti, dove 2,6 milioni di persone sono andate ad apprendere che l’universo è stato creato in 6 giorni circa 6mila anni fa, come insegnano gli evangelici, non 14 miliardi di anni fa come dice l’astrofisica. Pedemonte poi ricostruisce un insieme di episodi di conflittualità tra industria e scienza: quando le aziende facevano soldi con prodotti radioattivi negando la scienza che li collegava ai tumori sviluppati dai loro utilizzatori; oppure quando l’industria del tabacco metteva in dubbio la scienza che dimostrava i problemi di salute dei suoi clienti; o ancora le compagnie petrolifere quando negavano l’impatto del loro prodotto sul clima, simili alle grandi piattaforme digitali che negano di essere responsabili di servizi che possono provocare dipendenza, diffondere notizie false, favorire discriminazioni e odio online. Pedemonte passa poi a indagare le posizioni anti-scientifiche dei movimenti contrari agli organismi geneticamente modificati e le convinzioni dei gruppi che rifiutano i vaccini, ricostruendo la cattiva scienza che avvalora quelle opinioni. Esplora i movimenti filosofici post-moderni che hanno contribuito a relativizzare il valore della conoscenza scientifica, ricorda gli scienziati che falsificano i loro risultati incrinando la credibilità della loro comunità, racconta i problemi dell’ultima frontiera: l’intelligenza artificiale che potrebbe accelerare le scoperte scientifiche oppure trasformarsi nella forma di potere più enorme che si sia mai vista.
Forse il punto è che si tende a confondere la scienza e la tecnologia. Forse la conoscenza può essere davvero liberatoria. Ma può servire all’innovazione degli strumenti del potere politico o economico. Forse non è la scienza a fare paura. Fa paura la tecnologia nelle mani di un dittatore o uno stato invadente, di una piattaforma assetata di profitti o una burocrazia affamata di prebende. Ma la paura è un riflesso evolutivamente utile. E senza paura non c’è coraggio. Serve alla critica: la premessa della scoperta.
Foto: “Science World” by GoToVan is licensed under CC BY 2.0.