Luiss. A scuola di domande

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, domenica 27 novembre 2022


Tutti lo sostengono. Una policy per l’innovazione parte dal rinnovamento del modello educativo. Occorrono, certo, soprattutto in Italia, più competenze specialistiche per le tecnologie digitali, come indica il Digital Economy and Society Index della Commissione Europea. Ma occorre che quelle competenze siano arricchite con un’indole adatta al cambiamento continuo, all’obsolescenza veloce, alla visione strategica, al gioco si squadra. L’equilibrio tra queste competenze nella complessità della società e dell’economia contemporanea è il vero obiettivo delle grandi strategie delle istituzioni educative.

«Insegnare linguaggi di programmazione è come l’igiene», dice Andrea Prencipe, rettore della Luiss: «Necessaria per tutti. Come l’inglese e l’esperienza internazionale». Non era per niente scontato che un ateneo votato alle scienze sociali si dotasse di corsi di Python e Big Data, ma le innovazioni che hanno fruttato i significativi riconoscimenti internazionali ottenuti negli ultimi cinque anni sono ben più profonde: un metodo di insegnamento definito “enquiry based”, una visione del mondo nella quale ogni mestiere è in fondo un lavoro di ricerca, un’idea dell’economia ben consapevole delle dinamiche quantitative ma non priva di attenzione alla dimensione relazionale, nella quale per chi lavora è essenziale “sapersi mettere nelle scarpe” degli altri: emerge un approccio, insieme, digitale e umanistico, che alimenta il pensiero critico, una visione olistica dei problemi, una consapevolezza della prospettiva degli altri. Un approccio sostenuto dal forte impegno all’internazionalizzazione: con oltre 300 accordi di scambio in 65 Paesi, 58 programmi di doppia laurea e partnership strutturate, 20 nazionalità rappresentate nel corpo docente e 88 nella comunità studentesca. «Luiss educa cittadini del mondo. Essere esposti a culture diverse permette di comprendere meglio gli altri e sé stessi». 

Insomma, l’università promossa dalla Confindustria (editore de Il Sole 24 Ore) si è riorientata secondo questi principi innovativi e ha ottenuto risultati misurabili. Ricorda Prencipe che la Luiss «in cinque anni ha scalato oltre 200 posizioni entrando nelle prime 100 università al mondo per l’area Social Sciences and Management» secondo il QS World University Rankings by Subject 2022, che premia le migliori università per aree disciplinari e che classifica la Luiss al 22° posto nel mondo per gli Studi Politici ed Internazionali. Per il Financial Times, inoltre, «la Laurea Magistrale in Management è stabilmente considerata uno dei migliori 100 programmi postlaurea al mondo. Soprattutto, la stessa laurea è al primo posto nel mondo se si guarda alla progressione di carriera delle laureate e dei laureati. Questo risultato evidenzia un elemento chiave del modello educativo enquiry-based della Luiss: studentesse e studenti hanno l’opportunità di sviluppare skill-set e mind-set che permettano loro di affrontare sfide presenti e future del mondo del lavoro».

Imparare a imparare. Ma anche a disimparare, dice Prencipe, per aprire la mente alla curiosità per le nuove conoscenze che servono per restare attivi e guardare avanti creativamente, in un mondo che cambia velocemente. «Il modello educativo Luiss, enquiry-based, costituisce un vero e proprio nuovo paradigma. Studentesse e studenti sono protagonisti del proprio percorso educativo: non solo acquisiscono conoscenze esistenti, ma anche e soprattutto co-creano nuove conoscenze, diventano enquirer. Apprendono il metodo scientifico e diventano consapevoli del loro ruolo attivo nella co-creazione della conoscenza: imparano a formulare i problemi, sviluppano ipotesi, raccolgono dati, arrivano a conclusioni, ne osservano le implicazioni e, di fronte al feedback che propone la realtà, ripensano le proprie ipotesi». Se i big data possono dare risposte, saper fare le domande giuste ha un valore inestimabile.


Foto: “Università LUISS” by neXres is licensed under CC BY-NC-SA 2.0.