L’occasione delle telco europee: ritrovare un ruolo nell’ecosistema dell’innovazione

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore martedì 17 gennaio 2023


Una rete di telecomunicazioni è un’infrastruttura abilitante per lo sviluppo del sistema industriale e sociale di un paese moderno. Non è una macchina per l’emissione di bollette e fatture. Favorisce la modernizzazione digitale di sistemi essenziali, come sanità, educazione, mobilità, commercio, finanza, produzione industriale e agricola, transizione ecologica e gestione dell’energia, come suggerisce la strategia digitale della Commissione Europea. Contemporaneamente, deve proteggere dai rischi: la sicurezza digitale è uno dei dieci rischi sistemici più gravi segnalati dal nuovo rapporto del World Economic Forum per il 2023, insieme alla polarizzazione sociale connessa all’attuale modello di sviluppo delle piattaforme. Tutto questo può avere un valore immenso, ma chi lo sa coltivare? Quali innovazioni normative lo possono incentivare? Quali policy lo possono fare emergere?

E soprattutto: chi è in grado di pensare oggi in termini strategici? Lo si era fatto all’epoca della liberalizzazione delle telecomunicazioni e della privatizzazione della Telecom Italia, che avveniva in contemporanea con la prima accelerazione di internet. L’idea di lungo termine era chiara, per quanto ideologica e alla fine molto discutibile: la concorrenza consente di allocare le risorse meglio del monopolio statale. In effetti, in pochi anni, dalla fine degli anni Novanta, le aziende di telecomunicazioni in Italia sono arrivate a superare le 200, i prezzi sono diminuiti, le innovazioni tecnologiche si sono susseguite a ritmo incalzante, sia nel mobile che nel fisso. Ma nello stesso tempo, si è innestata una difficile dinamica che ha coinvolto le aziende neonate come l’ex monopolista: gli investimenti richiesti dal boom della domanda e dall’innovazione erano ingenti, ma i profitti erano contenuti. Si cercava di alimentarli con servizi a valore aggiunto che peraltro apparivano spesso meno che necessari, come le suonerie. Intanto, però, i profitti veri andavano alle piattaforme internettiane che inventavano servizi a valore aggiunto ben più importanti, come i motori di ricerca, i video online, i social network, l’ecommerce e così via. Le telecomunicazioni si lamentavano che nonostante la liberalizzazione del loro settore, le aziende internettiane godevano di una libertà ancora maggiore. Ma la soluzione dei loro problemi non era destinata a farsi trovare in quel genere di protesta.

Dopo venticinque anni, l’epoca della liberalizzazione è superata. Ha fatto il suo tempo, ideologicamente e concretamente. Ma chi sa immaginare strategicamente che modello può seguire la prossima epoca? Di sicuro, la regolamentazione avanza. Le piattaforme internettiane sono investite, in Europa ma non solo, da una raffica di nuove regole come il Digital Services Act e il Digital Markets Act che servono a favorire la concorrenza contro lo strapotere dei giganti digitali e a garantire i diritti dei cittadini che usano le loro piattaforme. E non manca, proprio in questi giorni, un dibattito sull’eventuale obbligo di co-finanziamento degli investimenti nelle reti di telecomunicazioni imposto alle sei mega aziende americane i cui servizi generano più della metà del traffico su internet. La policy europea, una strategia ce l’ha. Le aziende di telecomunicazioni saranno rimesse i gioco da questi cambiamenti?

Negli anni successivi alla liberalizzazione, alcune compagnie di telecomunicazioni hanno progressivamente rinunciato a una parte anche significativa della loro competenza tecnologica concentrandosi sempre più sulle pratiche commerciali necessarie a servire gli utenti privati e le aziende. Ma altre hanno conservato competenze tecniche e una certa apertura all’innovazione: oggi potrebbero rifarsi. Come?

Nel nuovo clima normativo europeo non vale più la tecnologia fine a se stessa, ma si punta a un’innovazione che persegue obiettivi umani di valore, dalla salvaguardia dell’ambiente alla sanità delle relazioni sociali. Ma non si può fare innovazione per via normativa. Occorrono le aziende che colgano l’occasione: costruire servizi capaci di salvaguardare i dati personali meglio di quelli degli americani; progettare i datacenter e gli impianti in coerenza con gli obiettivi della sovranità e della sicurezza europei; investire in sistemi di intelligenza artificiale più comprensibili per le imprese europee che vanno accompagnate verso le prossime tappe dell’innovazione tecnologica. E molto altro. Per i giganti tecnologici europei ci sono opportunità immense. La policy le può aiutare. Ma non potrà fare il loro mestiere.


Foto: “Telco Closet patch panel” by ChrisDag is licensed under CC BY 2.0.