Se n'è parlato mille volte. Ma in questo caso c'è uno studio piuttosto solido di Balachander Krishnamurthy, At&t Labs, e Craig Wills, Worcester Plytechnic Institute.
Il titolo dello studio è una promessa di notizie: On the Leakage of Personally Identifiable Information Via Online Social Networks.
In sostanza gli autori dimostrano che una serie di informazioni personali, pubblicate sui profili registrati nei social network, da Facebook a Twitter ecc ecc, sono leggibili da server di terzi in modo molto preciso. Tanto che le piattaforme che gestiscono la pubblicità online possono essere in grado di sapere che cosa pensano, fanno, sono online, le singole persone.
Insieme ai cookies, infatti, viaggiano stringhe di informazioni che sono contenute nelle pagine dei social network e che possono condurre i terzi a sapere quasi tutto quello che conta di un profilo personale.
Gli studiosi dicono che le persone possono limitare il flusso di informazioni su di loro verso terzi soltanto limitando le informazioni personali che pubblicano online.
Le piattaforme di social networking, invece, potrebbero fare molto di più, modificando il codice delle loro pagine, in modo da rendere impossibile questo indesiderato trasferimento di dati.
Finora, si era pensato che le piattaforme pubblicitarie online fossero in grado di sapere molto sui consumatori ma in modo aggregato, senza conoscere le informazioni individuali. Secondo questo studio, invece, si scopre che potrebbe non essere così.