Dopo una lunga gestazione, il Parlamento europeo ha approvato il regolamento sulla protezione dei dati. E forse ha aperto una nuova epoca di opportunità per l’industria digitale europea. L’unificazione delle regole consente alle imprese di operare senza troppi patemi nei diversi paesi europei. In questo quadro, l’Europa si è data norme identitarie, come il diritto all’oblio, la garanzia dell’anonimato, la privacy by design che possono costituire un fondamento decisivo per lo sviluppo della civiltà digitale nel continente che, per la sua dimensione, potrebbe influenzare lo stesso sviluppo civile globale. Gli americani, in effetti, erano partiti molto scettici sulla questione della privacy. I leader di Google e Facebook anni fa trattavano esplicitamente la privacy come una faccenda vecchia e superata. Ma i loro clienti, soprattutto dopo le rivelazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza di massa operata dall’Nsa, hanno maturato una nuova sensibilità in materia. E anche sulla scorta dei valori europei, Apple e Microsoft, poi persino Google e Facebook, hanno imparato a rivalutare la privacy dei loro utenti. Costruendo strumenti che appaiono votati a garantirla, almeno nei confronti delle autorità pubbliche. L’Europa però chiede anche privacy nei confronti delle aziende private. E su questo punto le grandi piattaforme americane che vivono di pubblicità hanno ancora qualcosa da imparare dalla civiltà europea. Che a questo punto potrebbe finalmente avere posto le premesse per lanciarsi nella costruzione di piattaforme europee rispettose dei diritti umani, interoperabili, civiche. Non per sostituire i successi americani, ma per creare una nuova dimensione nella vita digitale, adatta al contesto dell’internet delle cose, della robotica, dell’intelligenza collettiva. Il mercato interno europeo si è strutturato un po’ meglio, questa settimana. E le opportunità sono cresciute. La lotta per i diritti umani in rete non è vinta. La neutralità della rete è ancora in pericolo in Europa. E l’eccesso di sorveglianza non è scongiurato. Ma un passo avanti è stato compiuto.
Articolo pubblicato su Nòva il 17 aprile 2016