Un ingegnere elettronico e una designer, Mirco e Mirta Frascaroli, propongono su Indiegogo il loro progetto di bicchiere che, grazie a sensori, led e accelerometri, con una connessione al telefono, si fa riconoscere dal suo utilizzatore nei luoghi pubblici, consentendo di superare in scioltezza quel difficile momentoin cui vorrebbe bere ma non sa riconoscere il suo bicchiere in mezzo a quello di tutti gli altri. Il progetto, economicamente embrionale, si chiama Ebrost. E vedremo se decollerà. Per aumentare le probabilità che la risposta sia affermativa, i progettisti hanno aggiunto un elemento social, sicché gli utilizzatori dell’app potranno dire ai loro amici dove sono e che cosa stanno facendo – oltre a bere – mentre potranno fare bella figura segnalando che il loro bicchiere è prodotto seguendo principi etici, ambientali e socialmente responsabili. La proposta intercetta le opportunità offerte dalla sensoristica, uno degli aspetti più interessanti dell’attuale fase della tecnologia, può essere vista come un’interpretazione italiana della questione di “industria 4.0” e, volendo, si inserisce in una tendenza di fondo a favore del bere in compagnia, se ha ragione Peter Schwarzenbauer, della Bmw, che al recente Dld di Monaco ha detto: «In futuro non ci faremo più tanti problemi a bere quel secondo bicchiere di vino quando ceniamo fuori con gli amici: un robot ci guiderà a casa». Queste innovazioni sono accompagnate da un racconto che intercetta situazioni conosciute, per spiegare novità tecnologiche difficili da comprendere, e creare una sorta di desiderio o almeno simpatia per queste produzioni ingegneristiche. Non è più possibile produrre innovazione tecnologica, specialmente se rivolta ai consumatori, senza unire molti puntini per ottenere risultati che vengano adottati dal pubblico. Questo è forse il lavoro del designer, inteso non come star dell’immagine ma come professionista dell’innovazione. E potrebbe essere un lavoro in grande sviluppo.
Articolo pubblicato su Nòva il 22 gennaio 2017