Robertobattiston vola alto. Ad almeno 300 milioni di chilometri dalla Terra. Più che volare, orbita. È l’asteroide 21256 che è stato intitolato per meriti scientifici allo studioso italiano, ex presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, autore di “Fare spazio” (La nave di Teseo 2019): libro che dimostra come Roberto Battiston abbia i piedi ben piantati per terra. Con piglio concreto e appassionato, l’autore offre una massa impressionante di informazioni fondamentali per chi voglia comprendere il valore strategico raggiunto dalla ricerca, dalla tecnologia, dall’economia e dalla politica spaziale per l’umanità contemporanea. Il fascino dell’esplorazione dello spazio, la “nuova frontiera” per eccellenza, si somma all’interesse pratico della conoscenza generata dai viaggi nel cosmo e della tecnologia sviluppata per sfruttare l’immensità dello spazio. L’osservazione della Terra dall’alto, peraltro, sta producendo una messe di dati tale da offrire, a chi le sappia cogliere, opportunità ricchissime, per l’agricoltura, lo studio del clima, la manutenzione delle scuole e delle infrastrutture, i trasporti e molti aspetti della vita civile. Senza contare le applicazioni militari.
Gli episodi esemplari non mancano, nel libro di Battiston. Compresa la rilettura in base ai dati satellitari del disastro del Ponte Morandi o del crollo del tetto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami. Compresa la commozione per l’arrivo della sonda Philae sulla cometa Churyumov-Gerasimenko dopo un viaggio durato 12 anni. Compresa la tesi universitaria dell’astronauta Roberto Vittori, secondo la quale l’incidente allo shuttle Columbia fu dovuto al computer cui era affidato il controllo del volo di rientro nell’atmosfera. Compesi i momenti di nuova creatività esplorativa, tipo l’idea di lanciare microsonde sospinte da fotoni e capaci di andare a velocità non troppo diverse da quelle della luce per arrivare a fotografare gli exopianeti più vicini alla Terra.
Con il libro di Battiston si leggono le diverse dimensioni del tema spaziale: dagli aspetti istituzionali e diplomatici a quelli economici e industriali, dalle questioni della ricerca scientifica a quelle dell’innovazione tecnologica, dalle microstorie intriganti della vita degli astronauti alla grande dalla storia del contributo italiano. In effetti, in tutto questo, l’Italia partecipa da protagonista: a partire dal pioniere Luigi Broglio che negli anni del miracolo economico portò l’Italia ai vertici dello sviluppo spaziale globale, fino alle missioni più recenti, in alcune delle quali l’Italia ricopre ruoli eccellenti, come per la stazione spaziale internazionale, per l’esplorazione di Marte, per le costellazioni di satelliti che leggono col radar l’evoluzione tridimensionale della vita sulla Terra.
Per valorizzare tutto questo e mantenere una rotta strategica che porti l’impegno nello spazio a produrre anche sviluppo industriale occorre comprendere e rispettare il merito delle persone competenti e impostare una visione di lungo termine. «Una politica forte ha bisogno di una scienza forte. Compresa quella spaziale» commenta Battiston. E sorride: «Non c’è spazio per l’improvvisazione».
Articolo pubblicato su Nòva il 5 maggio 2019