La domanda pubblica di innovazione

Come si fa a comprare una tecnologia che risolve un problema ma non esiste e non si sa come sia fatta? Nella pubblica amministrazione è una domanda talmente assurda da diventare decisiva. Abituate a comprare, al minor costo possibile, soluzioni note a problemi vecchi, le pubbliche amministrazioni possono uscire dalla gabbia nella quale si sono infilate da sole. In effetti, il timore dello spreco di denaro pubblico è paralizzante solo se è visto in relazione a un mondo statico nel quale le soluzioni sono conosciute e occorre soltanto attribuire loro un prezzo. Ma in un mondo in trasformazione accelerata, l’acquisto di soluzioni note, qualunque ne sia il prezzo, può significare il massimo dello spreco, perché può corrispondere molto facilmente all’acquisto di soluzioni obsolete che peraltro generano un’interpretazione della funzione pubblica conservatrice invece che proattiva: il massimo dello spreco, appunto. Esempi? Si pensi alla mobilità in città: se per realizzarla il settore pubblico con facesse che comprare ciò che serve per fare strade, semafori, parcheggi e tutto l’armamentario urbanistico necessario al traffico di automobili con motore a scoppio, trascurando le infrastrutture energetiche e digitali più moderne, i nuovi paradigmi della sostenibiltà, dell’intelligenza artificiale, della robotica, del lavoro da remoto e della ridefinizione degli spazi di aggregazione professionale renderebbero presto obsoleti gli acquisti pubblici, mentre i cittadini sarebbero frustrati nelle loro innovative scelte di mobilità in bicicletta o a piedi, le aziende avrebbero meno chance di sviluppare veicoli intelligenti, elettrici, connessi, le imprese immobiliari non troverebbero il sistema della mobilità adatto alle esigenze emergenti con la ridefinizione degli spazi urbani.
Anche per questo il sistema degli appalti innovativi è strategico: abilita l’innovazione, la finanzia, contribuisce a pensarla. Un insieme di soluzioni per gare d’appalto orientate all’acquisto di innovazione invece che di beni noti è stato sviluppato in Italia dal ministero dello Sviluppo economico (Mise), con l’Agid e con il contributo di Confindustria (editore del Sole 24 Ore). Il programma “Smarter Italy”, avviato da Mise e Agid da 50 milioni di euro, prevede il lancio di gare d’appalto innovative per soddisfare le esigenze emergenti delle città in materia di smart mobility, beni culturali, benessere delle persone, per riprogettare i servizi pubblici in un’ottica di open innovation anche a seguito dell’emergenza Covid-19. 
E domani, 15 giugno si svolgerà online, la prima giornata di “consultazione di mercato” sul bando relativo alla smart mobility. La consultazione di mercato servirà all’Agid per ottenere dalle aziende, dai centri di ricerca, dalle startup, le informazioni utili a preparare la gara innovativa, che verrà successivamente pubblicata sul portale nazionale appaltinnovativi.gov.it dell’Agid.
Questa azione è una prima concretizzazione del protocollo d’intesa firmato a maggio da Mise, ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione e ministero dell’Università e della Ricerca per realizzare una policy per l’innovazione basata sulla domanda pubblica. Con gli appalti innovativi, lo stato non acquista prodotti e servizi disponibili, ma genera una domanda di innovazione. La cronica scarsità di risorse finanziarie, in Italia, rende questi strumenti particolarmente importanti. E la pubblica amministrazione ne può trarre occasione di modernizzazione.
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