Barcellona sta vincendo la partita delle città contro il cambiamento climatico

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L’adattamento al cambiamento climatico e il contenimento dell’innalzamento della temperatura sarà una strategia globale che si dovrà realizzare centimetro per centimetro, città per città, territorio per territorio. Avrà successo se ogni comunità sentirà come proprie le misure da prendere. E se le diverse comunità riusciranno a confrontare i risultati, a imparare le une dalle altre, a fidarsi le une delle altre. Perché ci sarà bisogno di lavorare in sincronia, confidando che anche gli altri faranno tutto il possibile.

In vista del COP26, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, si moltiplicano gli studi e le analisi su ciò che andrà fatto per arrivare a contenere l’aumento della temperatura a meno di un grado e mezzo rispetto all’epoca preindustriale. Le nazioni non sembrano unite su molti punti. Tanto che la spinta delle organizzazioni non governative, dei centri di ricerca, delle istituzioni sovrannazionali e persino delle grandi religioni, sembra necessaria a muovere le decisioni nella giusta direzione. Ma saranno probabilmente le città a costruire le policy di maggiore impatto, a dimostrare una capacità di collaborazione globale e a raccogliere il consenso locale necessario a sostenere il faticoso percorso che è necessario intraprendere.

Quanto contano le città? Oltre il 66% dei consumi di energia globali avvengono in città e oltre il 70% delle emissioni di CO2 sono prodotte dalle città, secondo C40. Oltre la metà della popolazione mondiale vive in città attualmente, ma secondo l’Onu questa quota raggiungerà il 68% entro il 2050. Proprio quando le emissioni nette di CO2 dovranno essere state azzerate. Significa che le città devono ridurre di 36 miliardi di tonnellate le emissioni di gas-serra, ai livelli attuali: significa anche che questo numero enorme aumenterebbe ulteriormente se si lascia che le città crescano senza prendere subito le misure necessarie a ridurre le emissioni.

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