Da un articolo uscito su Nòva e 24+, servizio in abbonamento.
I problemi sociali generati dalla tecnologia si risolvono con la tecnologia? L’intelligenza artificiale, per esempio, genera problemi sociali piuttosto dibattuti: i pregiudizi razziali degli algoritmi usati dai social network, la disinformazione e i falsi volti o voci di persone che circolano in rete, i droni che decidono quando uccidere, l’automazione che rimpiazza il lavoro, e così via. Ne ha parlato Stuart Russell, di Berkeley, nel corso dell’incontro su intelligenza artificiale e società organizzato dal network Humane-AI con la guida di Dino Pedreschi, dell’università di Pisa.
Il tema in discussione era decisivo: l’intelligenza artificiale è spesso applicata per risolvere problemi individuali, come trovare la strada migliore per arrivare alla meta in una città, ma quando la stessa tecnologia è usata da molte persone ha conseguenze indesiderate, per esempio, genera ingorghi in quartieri precedentemente liberi dal traffico. Come si fa a produrre una tecnologia che renda più intelligenti non soltanto le singole persone ma anche le collettività? Bastano in tecnici per realizzarla?
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Alex Sandy Pentland, dell’MIT, spiega matematicamente come emergano nella società comportamenti stupidi: le persone scelgono tra diverse opzioni quella che credono sia stata migliore in passato, in base alla loro esperienza o in base all’esperienza delle persone socialmente e digitalmente connesse a loro.
Che fare? Secondo Pentland la strada è chiara: la strategia non è quella di limitare genericamente il potere delle grandi piattaforme che connettono le persone, ma limitare il loro potere sociale, la loro capacità di influenzare i comportamenti. La strategia? Rafforzare le alternative.