Il senso della quota di mercato dei Mac

Fantastico articolo di Randall Stross sull’International Herald Tribune. Con il quale sono peraltro soltanto parzialmente d’accordo.

Dice Stross che il passaggio dell’ecosistema Microsoft a Vista è stata una grande occasione persa dalla Apple per aumentare le sue quote di mercato nei personal computer. Di fatto, la quota è aumentata di molto, dal 2 al 3 per cento. Ma per Stross si poteva fare molto di più. Coltivando meglio il rapporto con i rivenditori.

Non è stato fatto. Anzi, per la verità, la Apple ha concentrato le sue attenzioni sui negozi che controlla direttamente, che sono pochi, tralasciando i negozi che non controlla, che sono molti. E per conquistare quote di mercato, occorre conquistare spazio sugli scaffali, metro per metro.

Ma non si devono dimenticare due cose. La Apple vuole di sicuro aumentare il numero di pc venduti. E lo ha aumentato del 35 per cento. Non di poco. Poteva aumentarlo di più. Ma avrebbe dovuto produrne di più. Affrontando una complessità industriale non piccola.

In secondo luogo, i Mac non sono solo pc. Sono un oggetto che distingue chi lo usa. O almeno: fanno sentire i suoi possessori come persone diverse. Think different non si può smentire producendo prodotti mainstream.

Sembra una sciocchezza. Ma il valore dei Mac è nella loro qualità intrinseca sommata alla loro qualità distintiva. Più la Apple vende Mac, più distrugge il valore dei suoi prodotti percepito dai clienti.

Si può osservare che di iPod ne vende un sacco. E si può ricordare che Steve Jobs ha preso in giro la Microsoft per il fatto che il suo Zune non è andato oltre il 2 per cento del mercato dei lettori musicali. Evidentemente, l’iPod non è un elemento di distinzione. E’ un elemento che fa gruppo. Casomai, come nei telefonini, segue una dinamica simile a quella della moda, quindi garantisce la distinzione di chi ha l’ultima versione. Anche perché è un oggetto che si cambia in fretta. E in ogni caso il suo straordinario design non tradisce in ogni caso la vocazione speciale dei prodotti Apple.

La vera domanda è: come si mettono insieme i due trend? La Apple dell’iPod e quella del Mac sono riuscite a mantenere intatta l’unità dell’identità aziendale pur seguendo logiche molto diverse. Se ci sono riuscite è evidentemente perché hanno entrambe saputo interpretare in modi diversi il connotato più profondo dell’identità della Apple: la capacità di emozionare i clienti con dei prodotti tecnologici.

Non è dunque strano che il caso Apple sia il più citato esempio di soluzione su quasi tutti i tavoli di discussione che riguardano l’innovazione tecnologica e non solo tecnologica. Potrebbe cominciare anche a essere studiato su un altro tavolo: quello, se mai ci sarà, attorno al quale si discute intorno alla futilità delle strategie aziendali basate sull’ipotesi della necessità assoluta di crescere indefinitamente e a un ritmo indefinitamente accelerato.

La crescita infinita non è un bene in se. La crescita armonica lo è molto di più.

  • Matteo Anelli |

    Eh eh eh.
    Oggi nel mio blog ho umoristicamente toccato temi analoghi, divertendomi un po’ con il distorto ed un po’ opportunistico concetto di pensare fuori dal coro del Marketing Apple. Non che sia avverso ad Apple in sé ma è divertente osservare questo macrocosmo di consumatori che sono sempre e comunque in linea con le scelte corporate, anche quando queste sono in aperta idiosincrasia con le linee guida aziendali sostenuto strenuamente sino al giorno prima…

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