La task force dei dati contro l'epidemia

ILa rilevanza di internet nel corso dell’epidemia di Covid-19 cresce di giorno in giorno. Joy Marino non cessa di farlo notare a tutti. Il presidente del Milan Internet Exchange, il Mix, il centro di smistamento del traffico tra i vari operatori, può osservare in presa diretta le variazioni dell’uso della rete in Italia. Ebbene: a partire dal 10 marzo scorso il traffico sulle macchine del Mix è aumentato da 0,75 a 1,1 terabit al secondo. E da allora non è più calato. «Inoltre» dice Marino «l’upload è aumentato del 100% rispetto alla media delle due settimane precedenti. Il traffico è cambiato con le abitudini degli italiani: non sono più collegati prevalentemente la sera per vedere Netflix ma restano online tutto il giorno e lavorano, collaborano, fanno videochiamate, mandano file pesanti e ne ricevono altrettanti».
Insomma, il traffico internet dimostra che c’è un aumento gigantesco del lavoro da casa. Questo dato potrebbe essere utile per placare l’ansia di chi cerca di comprendere se gli italiani stanno seguendo le regole decise dal governo per il contenimento dell’epidemia. Altri invece hanno notato che i dati delle reti dei telefoni mobili milanesi mostrano ancora troppi spostamenti tra celle diverse. Ma si tratta di osservazioni che restano aneddotiche. Si può fare di più, naturalmente. L’esempio della Corea mostra che, con migliori informazioni, si possono contenere le probabilità di contagio rivolgendo maggiore attenzione alla rigenerazione dell’economia. Il governo italiano si sta attrezzando, ha detto una settimana fa al Sole 24 Ore la ministra dell’innovazione Paola Pisano, che sta organizzando una task force per analizzare in modo sistematico i dati concessi dalle compagnie di telecomunicazioni, dalle piattaforme come Facebook e forse da altri. Ricercatori e data scientist di varie università e istituzioni potranno analizzare massicciamente i dati anonimizzati relativi alla mobilità degli italiani e generare correlazioni e inferenze per costruire modelli utili a valutare le politiche di risposta all’emergenza. Ce n’è bisogno: occorre vedere come modulare le misure in modo da massimizzare il contenimento e minimizzare l’impatto economico, valutando nello stesso tempo l’efficacia delle comunicazioni istituzionali sul cambiamento di comportamento della popolazione. Alcuni esperti, come Alfonso Fuggetta del Cefriel (vedere l’articolo di apertura in questa pagina), Walter Quattrociocchi di Ca’ Foscari e Dino Pedreschi dell’università di Pisa confermano che un uso più attento dei dati può servire a intraprendere azioni più efficaci ed equilibrate. Per accelerare la ripresa dopo l’atteso picco dei contagi e per ridurre le probabilità di nuovi focolai.
Una politica basata sulle evidenze scientifiche è improvvisamente diventata possibile e accettata. Di fronte all’emergere di un problema tanto importante come la pandemia, i sistemi democratici occidentali che fino a qualche mese fa sembravano vulnerabili alla circolazione di informazioni meno che affidabili sui media sociali, stanno ritrovando una razionalità. Lo stesso Quattrociocchi, con la sua squadra, ha appena pubblicato una ricerca che mostra come le fake news siano in calo sui social network. Tra l’altro le piattaforme sembrano aver scelto di collaborare a contenerne la circolazione. I virus biologici e quelli culturali vanno tenuti sotto controllo.
Articolo pubblicato su Nòva il 22 marzo 2020
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