In tempi di pandemia, il rivelatore di boiate è più popolare delle fake news

Da un articolo uscito su Nòva il 21 marzo 2021 e su 24+ intitolato: “In tempi di pandemia, il rivelatore di boiate è più popolare delle fake news” – Peter Diamandis, co-fondatore della Singularity University, si trova al centro di uno scandalo piuttosto pesante. Con la covid-19 si cerca più verità
In un’intervista sulla sua esperienza di scrittore, Ernest Hemingway fu sollecitato a spiegare quale sia la qualità più importante di uno scrittore. «Deve avere dentro di sé un buon rivelatore di boiate» rispose il premio Nobel. È un’abilità che si può allenare, naturalmente. Certo, le circostanze possono essere più o meno favorevoli a questo esercizio del senso critico. In certi momenti storici, il bisogno di conoscere davvero come stanno le cose emerge più necessario.
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Come riporta Eileen Guo sulla Technology Review dell’MIT, Peter Diamandis ha organizzato un evento che aveva per protagonisti dei medici che si sono macchiati di sorprendente ciarlataneria, come dice Michelle Mello, docente di legge e medicina a Stanford. Diamandis, il co-fondatore della Singularity University, una istituzione educativa costose ma non accreditata accademicamente, secondo Guo, non ne esce benissimo. Ha organizzato un evento di quattro giorni, chiamato A360, al quale hanno fisicamente partecipato 86 persone, 32 delle quali hanno contratto la covid-19, anche perché a quanto pare erano di fatto incoraggiate a non curarsi dei distanziamenti e delle mascherine. Per rimediare, Diamandis ha organizzato un webinar nel quale alcuni medici di sua fiducia hanno raccomandato ai partecipanti di A360 alcuni rimedi: tra quelli, almeno sette erano descritti dall’Fda come fraudolenti. Per questo, Mello ha usato la parola “ciarlatani”.
La Singularity University è stata al centro dell’attenzione in un’epoca nella quale una sorta di ideologia tecnocentrica convinceva manager e imprenditori di tutto il mondo a pagare cifre astronomiche per assistere a seminari di una settimana nei quali si proponevano idee su un futuro determinato dalla crescita esponenziale della capacità di elaborazione dei computer, senza tener conto di fenomeni sociali, culturali, politici, insomma dimenticando la complessità della storia, per dare l’impressione agli studenti di poter finalmente prevedere il futuro. Ma i nodi vengono al pettine: soprattutto in epoca di pandemia, cioè quando invece di accontentarsi di un racconto affascinate e scoppiettante sul futuro nella speranza di essere tra i pochi che ne sono stati informati, le persone cercano invece qualcosa di autentico, documentato e privo di boiate.